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Paganico Sabino (RI)
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Indirizzo:
Paganico Sabino (RI) Paganico Sabino (RI), Borghi e paesini, Vicino Roma
Descrizione:

Paganico Sabino è un piccolo borgo medievale arroccato su uno sperone del Monte Cervia con una vista panoramica sul Lago del Turano

L'aspetto dell'antico borgo di Paganico Sabino è quello di un "castrum" mediovale il cui ingresso è segnato da due porte che conducono tramite strettissime viuzze al cuore del paese in provincia di Rieti con una vista panoramica spettacolare sul Lago del Turano.

Nella sommità del borgo si presume ci sia stata l'antica “Rocca”, il luogo porta infatti quel nome ed è caratterizzato da un incastellamento con porte di accesso intorno ad un possente sperone roccioso (autentico belvedere sulla Valle del Turano).

Durante il '700, il paese di Paganico Sabino si è ampliato fuori dall'incastellamento originario fino a giungere  alla confluenza con il colle di San Giorgio, dove successivamente si è esteso fino ai nostri tempi.

Oggi Paganico Sabino conta meno di 200 abitanti, eletto recentemente "Borgo del Respiro", insieme alle vicine Amatrice, Cittareale e Leonessa, un riconoscimento ottenuto per la sua qualità dell’aria e del turismo in quanto meta di villeggianti alla ricerca di un clima ristoratore e della tranquillità di un paese dove stress e smog sono parole sconosciute e si respira aria pura di montagna.

Da Paganico, a circa un'ora di auto da Roma, partono diversi sentieri escursionisti nella natura più incontaminata e rigogliosa, caratterizzata da una ricca macchia mediterranea con ampi boschi, attraversata da corsi d’acqua e che presenta anche molte sorgenti e grotte.

Sopra le cime dei monti è possibile ammirare il volo dei falchi pellegrini.

Nelle vicinanze troviamo pittoreschi centri collinari della Sabina come Castel di ToraCollalto SabinoFara In Sabina e l'Abbazia di FarfaPoggio Mirteto e una serie di incredibili paesaggi naturali come le grotte di Pietrasecca, oppure Percile e i suoi laghetti.

Paganico Sabino (RI)
Paganico Sabino (RI)

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Antuni - borgo fantasma sul lago del turano
Antuni - borgo fantasma sul lago del turano - vicino Paganico Sabino (RI)

Paganico Sabino | Eventi, Tradizioni & Folklore

  • LA MORESCA

Rappresentazione drammatica (32 strofe) dove la parte dialogata è predominante sulla danza guerresca.

La cerimonia veniva eseguita fino agli anni ’50 sempre durante il Carnevale e contrapponeva dodici Cristiani e dodici Mori che si fronteggiavano armati di spade e sciabole  di legno.

Gli uomini interpretavano anche personaggi femminili.

I costumi, arrangiati, erano composti da camicia bianca e pantaloni chiari per i cristiani e corpetto rosso con ampia gonna sopra i pantaloni, una cinta ed un cappello a forma di cono per i Mori.

La regina era vestita con un abito bianco, veli e diademi.

  • La FIERA DI SAN GIOVANNI

Il 30 agosto di ogni anno, da tempo immemore si svolge a Paganico  la fiera di San Giovanni.

Fino agli anni ’70, la manifestazione ruotava intorno alle esigenze dettate dalla civiltà agro-pastorale e riguardava soprattutto la compravendita di animali e di utensili necessari a sostenere le attività agricole.

I prati vicini al centro abitato, erano affollati di cavalli, mucche, asini, maiali, etc… , nella piazza principale e lungo la “via Romana” c’era un vero e proprio mercato e per le vie del paese pittoresche figure di artigiani (provenienti da Marcetelli) andavano per cantine a riparar tini e bigonce.

A distanza di anni, in un contesto totalmente mutato, la “Fiera” sopravvive ancora e ogni anno un gruppo di rivenditori ambulanti di articoli casalinghi, scarpe, giocattoli, abbigliamento ed altro ancora, mantiene in vita questo antico mercato, frequentato dai residenti e dagli ultimi villeggianti (siamo infatti alla fine della stagione estiva) presenti nella Valle del Turano.

  • La PASQUARELLA (5 Gennaio)Durante la sera del 5 gennaio, “allegre brigate” vanno cantando di casa in casa “la Pasquarella” .Alcune strofe:
    Quella vigna che voi ci avete

    pozza fa cento barili,

    ogni vite ‘na cupella;

    Viva, viva la Pasquarella!

    Se mi date un sanguinaccio

    Me lo friggo alla padella

    E fra zucchero e cannella

    Viva, viva la Pasquarella!

    Me ‘lla ittu lu vecinatu,

    che ‘llu porcu l’ha ammazzatu.

    E sse dici che non è vero,

    qua de fori c’è lo pelo.

    Fate Pasqua felici e contenti

    E che il Signore ve pozza aiutà!

    Gesù Bambino! Venitelo a vedè.

    Quant’è Carino!

     

  • CALENNEMAJU PAGANICHESE (I Maggio)

Dietro la celebrazione di questi riti si celano significati profondi.

In antichità, negli insediamenti di origine agro-pastorale come il nostro erano molto diffuse le celebrazioni di riti propiziatori.

Tra i riti di origine pagana, i più frequenti erano volti alla fecondità della terra ed al ringraziamento per il ripetersi di eventi naturali favorevoli.

Questi riti venivano celebrati in primavera, proprio in concomitanza con il risveglio della natura dal torpore invernale.

In questo giorno quindi due rituali significativi si ripetono nel nostro paese da molti secoli.

Il rito del “Calennemaju” e la consumazione del piatto tipico dei “Vertuti” (da vertere, mescolare – gli avanzi degli arconi che custodivano granaglie e legumi - o da “virtu”, etc….) zuppa di legumi e cereali (fave, fagioli, ceci, grano, granturco …) aromatizzata con foglioline di timo selvatico (u sarpullu) raccolte la mattina stessa prima che vengano raggiunte di primi raggi di sole ed insaporita dall’aggiunta di olio a crudo.

La mattina, digiuni, si consuma il rito del “Calennemaju”.

Si sbucciano tre noci  e si immergono in un bicchiere colmo di vino pronunciando la seguente frase:

San Felippu e Jacu
Faccio a Calennemaju

Se moro affonno
Se no retorno

Se le noci emergono la stagione sarà propizia e libera da malanni.

  • Il BALLO DELLE PANTASIME (festeggiamenti di Agosto)

Il mascheramento, il ballo, il fuoco, sono i tre elementi simbolici rappresentati.

I fantocci costruiti su un telaio di canne intrecciate  e rivestiti di carta coloratissima, sono grotteschi, terrificanti e vitali.

La loro ambivalenza sta nel contrasto tra il terrore che incutono e la licenza che esercitano.

Compaiono così, all’improvviso, a notte tarda, a conclusione della festa.

Iniziano a ballare (sorrette al loro interno da abili ballerini) incalzate da un ritmo ossessivo e frenetico e continuano la loro danza nonostante sia dato loro fuoco.

I ballerini incuranti delle fiamme si fanno un punto d’onore nel resistere più a lungo al loro interno.

La festa termina con l’espulsione degli spiriti maligni e le pantasime bruciano ormai inermi divorate dal fuoco purificatore.

Paganico Sabino | Piatti tipici

Tra i piatti caratteristici delle nostre zone ci sono sicuramente svariate qualità di paste fatte i casa e di zuppe con legumi, tutta una serie di piatti legati alla lavorazione del maiale ed alla lavorazione dei prodotti agricoli locali ed infine una varietà di dolci che venivano proposti durante i festeggiamenti e le ricorrenze . Di seguito vengono descritti alcuni piatti ed il classico dolce Natalizio.

  • I VERTUTI

Zuppa di legumi e cereali (fave, fagioli, ceci, cicerchie, lenticchie, grano, granturco, etc..).

La preparazione del piatto risulta abbastanza complicata proprio per la diversa durezza dei prodotti che richiedono diversi tempi e modalità di preparazione (messa a bagno e cottura).

La zuppa si serve condita con olio a crudo e aromatizzata  con il timo selvatico (sarpullu) raccolto prima che arrivi il sole nei prati posti nelle vicinanze del paese.

Il piatto si consuma tradizionalmente il I° Maggio di ogni anno nelle famiglie del nostro paese. La Pro-Loco dal 1991 lo ripropone durante la giornata del “Calennemaju Paganichese” nella quale si svolge appunto la sagra dei “Vertuti”.

  • SAGNE STRASCIATE

E’ un piatto povero, un piatto contadino che si consumava sulla “spianatora” al ritorno dalle dure fatiche dei campi.

Le “sagne” si ottengono strappando a mano in piccoli lembi irregolari una sfoglia realizzata con un impasto  di acqua, uova e farina.

La Pro-Loco, per favorire momenti di aggregazione nel periodo estivo alla riscoperta delle tradizioni attorno alla consumazione di questo piatto, ha ideato nel 1991 la sagra  delle “Sagne Strasciate” che si svolge sempre l’ultima domenica del mese di luglio.

  • TERZETTI DI NOCIATA

Ingredienti-dosi: 1 Kg. di  miele, 1,5 Kg. di noci, Alloro.

Innanzi tutto si fa cuocere il miele.

Per stabilire il giusto grado di cottura si prende un piatto, ci si versa un po’ d’acqua; poi con un cucchiaio si prende il miele e con le dita si appallottola.  Si fa quindi cadere sul piatto e se nell’impatto si sente che “suona”, in quel momento il miele è cotto.

Allora si versano le noci già ridotte in piccolissimi pezzi o addirittura tritate. Quando l’impasto assume un colorito dorato, si toglie dal fuoco.

Si bagna quindi la “spianatora” e ci si rovescia l’impasto che si spande su tutta la superficie con “u stennerellu” (matterello) il quale deve essere continuamente inumidito.

Lo strato deve risultare di uguale spessore (circa 5 mm - uniforme), e va tagliato con il coltello in modo da ottenere piccoli rombi che vengono poi posti tra due foglie di alloro.

Paganico Sabino (RI)
Paganico Sabino (RI)

Che cosa vedere a Paganico Sabino

Il Lago del Turano è un bacino artificiale realizzato tra il 1936 ed il 1939, sbarrando con una diga  (256 metri di lunghezza per  79 metri di altezza) il corso del fiume Turano nei pressi dell’abitato di Posticciola.

Il massimo invaso si trova a 536 mt s.l.m. Il Lago è di forma allungata (circa10 km), ha una superficie di circa 6 Kmq ed un perimetro di circa 35 km. Il lago del Turano è collegato al suo “gemello” lago del Salto tramite una galleria sotterranea che li rende vasi comunicanti ed alimenta la Centrale elettrica di Cotilia.

Una passeggiata intorno a questo bellissimo lago balneabile, percorrendo la sterrata che costeggia la riva sinistra ed è accessibile dalla S.P. Turanense attraverso il Ponte di Paganico, riserva scorci panoramici e paesaggistici di rara bellezza.

Il tracciato è quasi esclusivamente pianeggiante e adatto anche a passeggiate in bicicletta, attraversando la parte più pianeggiante del territorio comunale.

  • Vetta del Monte Cervia

Paganico si trova all’interno della Riserva Naturale del Monte Navegna e Monte Cervia, dalla cui Vetta (1438 mt) un panorama a 360 gradi da dove si scorge il Terminillo, il Gran Sasso, il Velino e tutto il territorio circostante con la vista di alcuni borghi medievali arroccati su speroni rocciosi o adagiati  tra i boschi (si dice che in giornate particolarmente luminose si possono cogliere i riflessi del “Cupolone” e delle carrozze della linea ferroviaria Roma-Firenze).

Da Paganico Sabino possiamo raggiungere la vetta almeno per 3 antichi sentieri:

I SCALUNI – Il più diretto, si inerpica per la parete rocciosa che affaccia a nord-ovest e sovrasta il paese.

JOVETU – il più lungo, la vecchia strada comunale Paganico- Ascrea – Marcetelli – Collegiove che percorre le gole dell’Ovito e si inerpica verso i castagneti risalendo la montagna nel versante nord.

LOBBERA – il più agevole, risale la montagna inerpicandosi nel versante sud-est.

Il primo tratto dell’originario sentiero è ostruito e sostituito dalla recente strada sterrata Monte Cervia che lo raggiunge di nuovo in località “Lobbera”

Tutti i sentieri descritti sono stati recentemente marcati e opportunamente segnalati dalla Riserva Naturale Monte Navegna Monte Cervia.

Lago del Turano
Lago del Turano

  • Grotte del Monte Cervia

L’area delle Grotte è compresa tra i 630 ed i 780 mt di altitudine a mezza costa sul versante esposto a sud-ovest del Monte Cervia ed è fortemente caratterizzata dalla presenza di aspre pareti rocciose che a più riprese interrompono il versante occidentale scosceso della montagna.

Su due ampie pareti poste al di sopra del sentiero che conduce alla località “Cerria” (antica strada Comunale Paganico – Collegiove  per il versante sud-occidentale del Cervia) e su una parete posta al di sotto dello stesso, sono concentrate numerose grotte e sporgenze rocciose ricoperte alla sommità dal caratteristico ornamento del leccio.

L’area si può raggiungere a piedi in circa 20 minuti di cammino da Paganico Sabino attraverso un sentiero panoramico che dalla località “San Giorgio” (Via Monte Cervia)  si snoda in direzione sud. A poche decine di metri dall’abitato, alla  biforcazione del sentiero si prosegue a sinistra.

Prima si incontra il “Rencricchittu”, sperone roccioso di considerevoli dimensioni (h 11 mt. circa) posto a strapiombo sulla valle poi, a qualche decina di metri da esso, si apre al di sopra del sentiero un’ampia ed aspra parete rocciosa dove sono ubicate numerose grotte.

Appena al di sotto del sentiero e facilmente accessibile dallo stesso si trova grotta “Sotterra”, alta fino a 6 mt nella parte centrale e profonda circa una ventina di metri. Il suo accesso è ostruito dall’intervento artificiale dell’uomo che vi ha eretto una parete a sassi, lasciandovi un’apertura centrale (90 cm x 180 cm circa) ed una piccola finestra laterale.

Subito più avanti, circa 20-30  mt. al di sopra del sentiero sono ubicate grotta “Capramorta” e grotta “Remposta” la cui massima apertura supera i 15 mt.  Ambedue le grotte sono poco profonde (qualche metro).

Poco più avanti, quasi al termine della stessa parete rocciosa, due o tre mt. al di sopra del sentiero si trova grotta “Ronoriu” al cui interno è presente una piccola “conca” che nei periodi meno secchi si riempie d’acqua ed è accessibile da 5 gradini modellati dall’uomo.

In un aspra parete al di sotto del sentiero, ma accessibile dalla località “Crugnaletta”, si trova grotta “Ranne”. Le grotte sovrastano a strapiombo la località “Crugnaletta” al km 32,800 della SP Turanense.

Continuando per il sentiero in direzione sud,  la parete rocciosa si fa più irregolare, alterando aspri costoni rocciosi a piccole cavità seminascoste dalla vegetazione, fino a giungere, a circa 15 minuti di cammino dalla prima parete rocciosa, in prossimità di “Rotta Preti”. Poco profonda ma dall’ampiezza considerevole (oltre i 30 mt), ha il fondo molto irregolare ed un altezza massima di circa 10 mt . Ai suoi lati presenta altre piccole cavità.

Curiosità - In passato le grotte sono state utilizzate da pastori e contadini locali come ricovero degli animali e in alcuni casi dei prodotti dei terreni circostanti. Durante l’ultima guerra venivano utilizzate come ricovero dagli abitanti di Paganico Sabino. 

Riserva Naturale Monte Navegna E Monte Cervia
Riserva Naturale Monte Navegna E Monte Cervia

  • La Pietra Scritta. Monumento funerario della famiglia dei MUTTINI risalente alla seconda metà del I secolo a.C., situato nel territorio del Comune di Paganico Sabino, immediatamente a valle della Strada Provinciale Turanense.

"LA PIETRA SCRITTA" - che ha un posto ragguardevole nella memoria collettiva della comunità di Paganico Sabino come fonte di leggende legate a tesori nascosti, a strepiti infernali assordanti e ad apocalittici fenomeni metereologici - è la tomba della famiglia dei MUTTINI come si rileva dall'epigrafe.

Da anni in pessimo stato di conservazione e, quindi, difficilmente decifrabile ad occhio nudo e senza l'ausilio di mezzi di contrasto.

Si tratta di un monumento funerario del tipo "a dado", realizzato modellando un masso erratico esistente sul posto e probabilmente distaccatosi dall'incombente monte Cervia.

Il sepolcro, che si imposta su di un basamento che presenta su tutti i lati una cornice modanata, ha un corpo con pianta quasi quadrangolare ed uno sviluppo tronco-piramidale.

Pietrascritta I sec a.C. - Paganico Sabino
Pietrascritta I sec a.C. - Paganico Sabino

  • La chiesa di San Nicola, che occupa una posizione centrale rispetto al nucleo abitato, rappresenta oggi la parrocchiale.

Le più antiche notizie rispetto a questa chiesa sono quelle contenute nel registro delle parrocchie della diocesi di Rieti del 1398.

Il suo aspetto attuale è molto difforme rispetto alla sua fondazione, così come parte della zona presbiterale e parte del campanile.

La chiesa ha un'unica navata, a sala, con due altari laterali dove sono presenti due pregevoli tele settecentesche - la Madonna del Rosario (1821)  e la Fuga in Egitto (1819), che adornano i due altari laterali - in anni recenti mirabilmente restaurate con il coordinamento della Soprintendenza ai Beni Artistici da Mara Masi  e ricollocate in sito con una solenne cerimonia presieduta dall'allora vescovo mons. Giuseppe Molinari e nobilitata da uno straordinario concerto dell‘Accademia Musicale Farfense.

Sul soffitto è posta una grande tela decorativa rappresentante “San Nicola da Bari ed il miracolo dei bambini", opera del 1935 di Carlo Cavallari.

La chiesa inoltre ha subito recentemente lavori di consolidamento e di rifacimento della facciata che hanno portato alla luce anche l’antica torre portaria del paese.

La chiesa conservava anche tra i vari oggetti di culto e le numerose suppellettili ecclesiastiche, purtroppo negli anni oggetto di sacrileghi furti e anche un'interessante scultura raffigurante l‘Annunciazione, da riferire ad una manifattura locale di epoca settecentesca, con estese tracce della coloritura originale.

  • La chiesa di Santa Maria dell’Annunciazione, che fino al 2000 versava in uno stato di abbandono totale con il tetto sfondato e ridotta a semplice rovina, nel corso del 2001 è stata ristrutturata, attraverso il recupero e riuso funzionale ai fini turistico-ricettivi.

L’opera, ideata e finanziata nell’ambito del programma dell’Unione Europea denominato “Albergo Diffuso”, ha consentito il recupero ed il richiamo a nuova vita di un edificio tanto caro alla popolazione di Paganico Sabino e tanto legato alla sua storia con il definitivo salvataggio dell’affresco tardo-quattrocentesco posto nella parete di destra e degli altri cicli pittorici scoperti nel corso dei lavori.

Molto incerta è la data di fondazione della chiesa ma, nel 1398 doveva esistere una “ecclesia S. Marie de Paganica est ecclesia per sé”.

Attraverso le ricorrenti visite Pastorali così venne descritta nel corso dei secoli:

1573: Ha un unico altare circondato da una cornice in legno.

1673: La chiesa presenta dei cambiamenti: un altare principale e due laterali

1713: La chiesa ha due altari: quello principale dedicato alla Beata Vergine Maria e quello laterale della S. Croce .

Questo per sommi capi quanto risulta dai documenti che abbiamo in possesso.

Se invece andiamo ad osservare l’aspetto esterno dell’edificio è possibile rileggere chiaramente tre diverse fasi costruttive che ci permettono di individuare momenti cronologici successivi: la facciata della chiesa doveva essere originariamente molto più arretrata; infatti lungo il suo fianco destro è ancora ben leggibile l’innesto della muratura più recente in pietra, che lascia bene in mostra i rinforzi angolari.

Anche le finestre che si aprono sempre sul fianco destro ci permettono di analizzare un altro aspetto costruttivo.

L’ultima apertura corrispondente alla sagrestia è, non solo di dimensioni ridotte ma è anche fuori asse rispetto alle altre che si aprono all’interno dell’unica navata.

Questa modificazione della facciata esterna corrisponde ad una modificazione degli spazi interni.

Sicuramente l’attuale impianto volumetrico dell’edificio doveva essere terminato nel 1819, anno in cui nel Catasto Gregoriano viene descritto come un “ambiente  a sala lunga e stretta”.

La chiesa nel corso della sua storia ha ricoperto un ruolo di notevole importanza.

Infatti nell’Archivio di Stato di Roma si trovano puntuali testimonianze della sua gestione economica.

Questo interessamento era dovuto al fatto che tutti i terreni della montagna di Paganico era diretta ed inalienabile proprietà della chiesa e la comunità si limitava alla sua amministrazione.

La chiesa era molto frequentata non solo dalla popolazione di Paganico ma anche dai paesi vicini, tenuto conto che essa svolgeva un ruolo di cerniera con le popolazioni limitrofe e una messa era citata dagli obblighi imposti al parroco.

Fino agli anni sessanta essa ha continuato a svolgere con regolarità le sue funzioni.

Dagli anni settanta in poi è iniziato il suo lento declino e lo stato di abbandono ha determinato la perdita di gran parte dell’arredo liturgico; l’interessante soffitto cassettonato che disponeva al centro dei motivi quadrangolari è crollato, così pure il tetto e per decenni gli affreschi cinquecenteschi sono stati sottoposti alle intemperie.

A partire dagli anni novanta, grazie ad un progetto Europeo denominato “Albergo diffuso” sono stati stanziati dei fondi che hanno consentito il ripristino del tetto e, durante l’esecuzione dei lavori sono venuti alla luce sotto l’intonaco che per molti anni li aveva protetti, interessanti affreschi.

La chiesa attualmente è sconsacrata e al suo interno è attrezzata per consentire il pernottamento di eventuali escursionisti.

Al fondo della parete destra della navata è affrescata una crocifissione che, grazie ad una nicchia arcuata poco profonda fortunosamente si è potuta salvare.

La scena rappresenta Gesù crocifisso tra Maria e Giovanni, con piccole figure di angeli che raccolgono dentro dei calici il sangue uscito dalle mani e dal costato del Salvatore.

Ai piedi della croce è abbracciata la Maddalena con lunghi e disciolti capelli biondi.

L’affresco termina in basso con una fascia di racemi molto semplificati su fondo bianco.

L’opera mostra evidenti somiglianze con due affreschi votivi della chiesa di S. Antonio a Collegiove.

Innumerevoli sono i punti di contatto che fanno ritenere gli affreschi opera dello stesso pittore: la corona di spine e la soluzione astratta dello sfondo con bande piatte di colore giallo e rosso alternato all’azzurro.

Dopo gli ultimi lavori di restauro dell’edificio è emerso che l’intera parete destra è coperta di cicli pittorici pari a circa 60 metri quadrati, datati 1590, raffiguranti-oltre alla già nota crocifissione - alcuni santi ed ex voto scoperti, sotto una mano di bianco, dalla restauratrice Rita Fagiolo in sede di trattamento della predetta crocefissione.

Gli affreschi sono di autore anonimo, il c.d. “Maestro di Paganico", che può con ragione definirsi epigono, in versione popolaresca, di Dionisio Cappelli di Amatrice (v. Barbara Fabian, “Paganico: Materiali per un piano di ricognizione", pag. 27 e seguenti).

I lavori di restauro hanno permesso ulteriori interessanti scoperte nel locale della sacrestia, cella rupestre originaria del complesso, e nella parete di sinistra in corso di esplorazione.

  • La Chiesa di San Giovanni Battista, attualmente è parte integrante del cimitero.

Anche se viene ritenuto l’edificio di culto più antico, sorto probabilmente nell’alto medio-evo su preesistenze di epoca romana, la più antica notazione sulla struttura è del 1398. Nel 1713 la chiesa già doveva svolgere una funzione analoga a quella odierna giacché viene ricordata come "sepolcrale".

Nelle varie descrizioni la chiesa è indicata come dall’interno semplice e privo di affreschi. Nella facciata esterna sono però presenti frammenti di pluteo in pietra arenaria che sembrano far parte di un unico complesso decorativo di epoca altomedievale e la loro tipologia sembrerebbe infatti far pensare ad un’epoca di realizzazione oscillante tra l’VIII ed il IX secolo (v. Marco Pizzo, “Paganico: Materiali per una ricognizione”).

All'interno della chiesa, degne di nota le recenti decorazioni di Mauro Vignocchi rappresentanti figure di Santi eseguite in "affresco" e tavole ad olio sulle "Storie di San Giovanni" poste sulla parete di fondo.

Sull'architrave del portale esterno della chiesa è visibile un'iscrizione incisa sulla pietra che è corretto interpretare come 1513 (qualcuno, erroneamente, ha ritenuto di leggervi la data del 1111).

  • L’edificio oggi adibito a sede Comunale, originariamente era occupato dalla Chiesa di San Giorgio.

Di unica navata e con l’abside circolare, era sorta poco al di fuori del centro abitato e sicuramente non prima del 1713 e non successivamente al 1765 (date di due visite Vescovili).

Ebbe vita difficile  e nel XIX secolo il Comune cominciò ad interessarsi dei suoi locali.

Con la “recente” (anni ’80) risistemazione della sede comunale si perdono completamente le tracce della sua struttura architettonica.

Rimane la memoria “sacra” del sito recentemente riconfermata con l’apposizione di una statuina raffigurante San Giorgio, e risolennizzata dalla rinnovata celebrazione della festa del Santo a cura di volontari del rione.

  • La Mola di Paganico Sabino

L’Archivio Storico Comunale, conserva una NOTIFICAZIONE del 22 Agosto 1866, a cura della Prefettura dell’Umbria – Circondario di Rieti, riguardante il permesso di profittare delle acque del fosso detto dell’Ovito per la erezione di un mulino a grano.

Di li a poco tempo fu edificata la “Mola”, che si aggiungeva a quelle presenti nel “complesso di Pian delle Mole”, posto nel fondo valle alla confluenza tra il fosso dell’Ovito e l’allora fiume Turano.

L’intervento di restauro dell’edificio della ex Mola Comunale”, ideato e finanziato nell’ambito del programma dell’Unione Europea denominato “Albergo Diffuso”, è stato realizzato nel corso dell’anno 2001.

Alla fine degli anni ’90 avevamo ancora un rudere che, passando di li, ci riempiva di tristezza; oggi abbiamo uno splendido edificio che ci riempie d’orgoglio.

L’ostello realizzato, modesto nelle dimensioni, ma gradevolissimo ed estremamente suggestivo per la localizzazione quasi drammatica nelle forre dell’orrido dell’Obito e per la musicalità travolgente e vivificante delle acque impetuose del fosso, speriamo che possa entrare al più presto nel circuito delle offerte turistiche provinciali e regionali.

Speriamo sia parte dignitosa della specifica comunicazione promozionale e possa essere a pieno titolo presente alla Borsa Italiana del Turismo ed, in specie, di quello giovanile.

Recuperato l’edificio, ci si auspica di poter recuperare anche le strutture di adduzione dell’acqua che girava la turbina dell’ex mulino, e quelle di accumulo dell’acqua stessa (refote) nonché l’intero macchinario che consentirà di rivedere, e di scoprire da parte dei ragazzi, l’intero procedimento di macinazione del grano e di produzione della farina secondo gli antichi e suggestivi criteri: un vero centro di interesse naturistico e didattico.

Oltre la Mola comunale situata nelle gole dell’Ovito, in località “Pianemole” erano presenti altri mulini. Alcuni ruderi sono ben visibili nei pressi della confluenza tra il fosso dell’Ovito ed il fiume Turano in due punti poco distanti tra loro subito sotto la strada provinciale, mentre numerosi documenti, reperti archeologici e immagini attestano l’esistenza di un altro mulino anche nei pressi dell’edificio dell’Officina Idroelettrica dismessa, a monte della strada provinciale.

Il complesso di “Pian delle Mole” ha rappresentato quindi un elemento “vitale” per l’economia locale dei secoli scorsi.

  • Sala espositiva San Nicola

La sala espositiva “San Nicola” è ubicata nei locali attigui alla Parrocchiale. Grazie alla gentile concessione ella Curia Vescovile e del Comune, la Pro-Loco sin dai primi anni ’90 vi ha ricavato, ristrutturandoli a proprie spese, degli spazi espositivi.

Al suo interno oggi vi sono due sale.

La prima sala conserva ciò che resta dell’arredo liturgico delle nostre chiese, depredate negli anni passati dei pezzi più pregiati.

La seconda  contiene un’esposizione permanente degli oggetti ed arnesi della Civiltà Contadina raccolti a partire dalla fine degli anni ’80 su iniziativa di Enrico Bonanni e custoditi dalla Pro-Loco negli anni a seguire.

Paganico Sabino (RI)
Paganico Sabino (RI)

Paganico Sabino | La Storia

Paganico Sabino | Le origini

Alcune tracce della presenza di comunità organizzate nel territorio di Paganico Sabino sono forse riconducibili già al III° sec. avanti Cristo, in epoca pre-romana.

Un rinvenimento in prossimità del Monte Cervia, avvenuto a metà degli anni ’90 ad opera dei volontari della Pro-Loco di Paganico, sulle tracce delle ricerche svolte dall’Arch. Enrico Bonanni, fa pensare alla probabile esistenza di un “area sacra” ad oggi non ancora investigata.

I ritrovamenti sono relativi a materiali in terracotta riconducibili a tipologie votive già ampiamente attestate nei luoghi di culto dell’area centro-italica.

Si tratta infatti di frammenti di piccole statue, statuette raffiguranti bovini, suini, riproduzione di parti del corpo come mani, piedi, ecc.

Nei santuari era consuetudine dedicare agli dei doni votivi in terracotta che riproducevano parti del corpo umano, immagini di devoti, raffigurazioni animali, oggetti di uso quotidiano o simbolico, ecc.

I votivi anatomici erano legati non solo alla sfera della salute e della guarigione, ma potevano assumere significati diversi come quelli di simboleggiare il viaggio o la preghiera dell’offerente.

La dedica di parti del corpo umano con funzione propiziatoria o in segno di ringraziamento per un’avvenuta guarigione risale ad epoca molto antica.

I doni in terracotta dovevano costituire delle offerte poco costose ed in quanto tali proprio delle classi meno elevate.

La grande diffusione di questo genere di offerte si concentra soprattutto tra il IV ed il III secolo a.C.

Paganico Sabino | L’epoca romana

Di Paganico non se ne esclude l'origine romana per alcune tracce di tale presenza nella zona (col nome paganicum venivano chiamati anche i luoghi in cui erano presenti rovine di età romana).

Infatti, poco distante dal paese (circa 2,5 Km), nelle vicinanze del fiume Turano, si trova la "Pietra Scritta"

Con questo termine viene comunemente designato il monumento sepolcrale della famiglia dei Muttini.

Il monumento funerario, del tipo a dado, si può datare tra gli ultimi anni della repubblica e la prima età imperiale e più precisamente nella seconda metà del I secolo a.C.

Paganico Sabino | Dal Medioevo ai giorni nostri

Il paese è uno dei più antichi della Valle del Turano, già documentato nell'852 (Regesto Farfense).

Nel documento 311, dell’anno 873, viene nominato un casale de Paganeco e nell’anno  876, documento 317, si parla di habitatores in Massa Torana, villa quae Vocatur Paganecum.

La ricorrenza di termini come villa o casale farebbe pensare ad agglomerati rurali e non ad un centro abitativo complesso.

Infatti dalle notizie desumibili dal lessico medievale possiamo affermare che il casale era per l’appunto un edificio sufficientemente strutturato a cui facevano capo le attività agricole che si esplicavano nell’ambito territoriale circostante e talvolta era munito di strutture difensive.

Attraverso i manoscritti delle visite pastorali è possibile ricavare un quadro dei luoghi e dei loro toponimi originali, dalla Porta Castellana al fianco della chiesa San Nicola ai mulini di Pian delle Mole.

Inoltre, all’interno del repertorio delle visite pastorali del Vescovo Saverio Marini (1779-1813) troviamo una traccia importante per ricostruire l’aspetto del centro abitato, infatti , citando l’edificio della Chiesa dell’Annunziata, il Vescovo annota "S. Maria è la chiesa frequentata dal popolo sopra il castello, gli antichi suoi fondi sono uniti alla parrocchiale".

Il termine castello, già usato dal Marini per indicare il centro abitato della Rocca, nella descrizione dell’insediamento della chiesa parrocchiale di S. Nicola, apre dunque la strada a fondate ipotesi ricostruttive di un primitivo nucleo centrale, incastellato e fortificato all’interno quale doveva essere posta la parrocchiale di S. Nicola mentre all’esterno era posta a baluardo la chiesa dell’Annunziata.

Informazioni più recenti sono rintracciabili nell’archivio storico comunale.

La documentazione più antica, facente parte degli archivi aggregati, consiste in alcuni registri parrocchiali dei battesimi, delle morti e dei matrimoni, che coprono un arco di tempo che va dal 1779 al 1860, anno dell’unità d’Italia, che, non a caso, segna il passaggio delle registrazioni anagrafiche all’autorità comunale.

Paganico Sabino (RI)
Paganico Sabino (RI)

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