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Indirizzo:
Ardea, Città Metropolitana di Roma Ardea (RM), Borghi e paesini, Vicino Roma
Descrizione:

Ardea, antica capitale dei Rutuli, è una città arroccata sul mare nella provincia di Roma nel Lazio con quasi 50000 abitanti.

Ardea sorge su una roccia tufacea, e si estende a sud di Pomezia, con ai lati la vista dei Castelli Romani e del Mar Tirreno, e confina con Anzio ed Aprilia.

L'Acropoli di raro interesse archeologico, la spiaggia di 9 km con buone proprietà terapeutiche (con alcuni tra gli stabilimenti più rinomati della costa italiana), l'eccellente qualità delle acque e il clima gradevole sono solo alcune delle sorprese che regala al turista.

L'epica ne narra gli antichi splendori con Virgilio nella sua Eneide, ma anche nella realtà Ardea ha avuto un passato glorioso.

La parte antica ha ridato alla luce tesori del VI e V secolo a.C. e tanti altri sono invece visibili nel famoso Museo Giacomo Manzù.

Poco distante dalla città la Torre di guardia di San Lorenzo, forse disegnata da Michelangelo, e gli splendidi Giardini della Landriana.

Un territorio caratterizzato da lagune e paludi, e dal deposito di strati di tufi e pozzolane di origine vulcaniche, e una costa con lunghe spiagge sabbiose.

L'origine geologica di quest'area si deve prima all'emersione dal mare del terreno, caratterizzato da lagune e paludi, e quindi dal deposito di consistenti strati di tufi e pozzolane di origine vulcanica in seguito alle eruzioni del cosiddetto Vulcano Laziale.

Raffreddandosi il materiale vulcanico si era spaccato, costituendo profonde e strette gole, che si addolciscono mano a mano che si procede verso sud.

La costa, formata da lunghe spiagge sabbiose, era caratterizzata dalla presenza di dune conservatesi, oramai, solo in alcuni tratti. brutalmente sbancate per lasciare posto a lottizzazioni snaturando il litorale di Ardea e Pomezia.

La configurazione della costa ha subito profonde modifiche successivamente all'esplosione del vulcano d'Ischia e successivo innalzamento del livello marino, negli anni sessanta, pescatori di Minturno assicurano la presenza di colonne e strutture al largo della costa di Ardea, distanza 300–600 m, profondità 12−15 m.

Rocca di Ardea
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Marina di ArdeaMarina di Ardea

Che cosa vedere ad Ardea | Monumenti e Luoghi di Interesse

Ardea | Architetture religiose

Chiesa di Santa Marina
La chiesa di Santa Marina si trova all'interno del cimitero di Ardea, adagiata alla roccia tufacea del paese, nel luogo dove, secondo una leggenda, si sarebbe trovata l'entrata della grotta dove visse la santa in eremitaggio, dopo che i monaci ne scoprirono il sesso e la cacciarono dal convento in cui viveva.

La costruzione è datata al 1191, ad opera di Cencio Savelli, futuro papa Onorio III, dall'iscrizione posta sopra il portale di ingresso.

Sulla facciata era un portico di ingresso, oggi quasi del tutto scomparso, mentre l'ingresso è ancora inquadrato da colonne sorrette da leoni stilofori, con architrave decorato da un bassorilievo che rappresenta Santa Marina, il padre e un abate.

La facciata della chiesa comprende anche il piccolo campanile sostenuto ,ai lati, da due raccordi laterali. L'interno è ad unica navata e in origine si presentava interamente affrescato.

Gli affreschi più conservati sono quelli a sinistra dell'altare con la Madonna ed il bambino in mezzo a San Rocco ed a Sant'Antonio eremita con il bastone, la campanella ed il maialino.

Dietro l'altare sono ancora visibili i resti di un ninfeo del II secolo d.C., scavato nel tufo.

Chiesa di San Pietro Apostolo

La chiesa di San Pietro Apostolo fu edificata nel XII secolo dai monaci dell'abbazia di San Paolo fuori le mura, in stile romanico presso i resti di un tempio di epoca ellenistica.

Incorpora una precedente torre di vedetta contro i Saraceni, trasformata in campanile.

Conserva materiali più antichi: fregi marmorei del II secolo sono stati riutilizzati come stipiti della porta di ingresso, e di reimpiego è anche un capitello del presbiterio e un'ara sepolcrale.

L'interno è a tre navate, divise da archi.

Molti arredi interni sono andati persi (quadri, lampadari, reperti archeologici),tuttavia sono ancora presenti degli affreschi risalenti al XV secolo che rappresentano Sant'Onofrio eremita, San Cristoforo, San Leonardo, Sant'Ansano.

Tra il XIV e XVI secolo, quando divenne chiesa baronale subì notevoli trasformazioni.

A questo periodo risalgono gli affreschi (XV secolo), un crocifisso ligneo (XVI secolo) e un dipinto di scuola caravaggesca (XVII secolo).

Patroni degli Ardiesi, abitanti medievali della Rocca di Ardea sono: sant'Antonio Abate, san Cristoforo, san Leonardo, sant'Ansano, sant'Eurosia, sant'Onofrio eremita, san Procolo.

Fra di essi si noti che San Cristoforo è uno dei quattordici Santi ausiliatori particolarmente invocati in occasione di gravi calamità naturali o per la protezione da disgrazie o pericoli specifici.

Il patrocinio di san Cristoforo era particolarmente invocato durante le epidemie di peste: elemento che fa proponderare per l'ipotesi dell'esistenza di un Lazzaretto nei pressi di Ardea.

L'ultimo restauro risale al 1940 e fu eseguito per espressa volontà di Benito Mussolini durante una sua visita ad Ardea avvenuta il 29 ottobre 1939.

I lavori di restauro iniziarono subito e la chiesa prese la forma attuale. Negli anni Sessanta del XX secolo furono restaurati il campanile e la navata di destra.

Nel 1965 lo scultore Giacomo Manzù ha realizzato la fonte battesimale, il tabernacolo della navata, adattato come leggio un capitello in marmo recuperato in località Blasi, (ex villa di Livia, zia di Ottaviano Augusto Imperatore), opera rubata durante i recenti lavori di restauro della chiesa di san Pietro Apostolo.

L'oratorio di Sant'Angelo

Per visitare l'oratorio di Sant'Angelo è necessario percorrere una scala che porta ad una stanza scavata nel tufo sotto terra.

Sul soffitto del santuario è raffigurato un fiore giallo con petali di stucco mentre nella parete di fondo è presente una nicchia affrescata interamente con pitture risalenti al XII secolo.

Luoghi di interesse

Il fontanile di Santa Marina

La comunità di Ardea, nel 1615, fece realizzare il fontanile come pubblico servizio per gli abitanti.

La copertura con le capriate in legno è stata fatta alla fine del XX secolo.

L'originale statuetta, con la figura di Santa Marina, è stata rubata da ignoti vandali nel 1996.

L'associazione culturale "Santa Marina", nel 1999, fece realizzare una copia dell'artista Pietro Negri e ricollocò la statuetta al suo posto.

Il lavatoio, annesso al fontanile, è del XVIII secolo e fino al 1965.

La fortezza della rocca

La fortezza della rocca di Ardea era il palazzo del duca che è stato fatto costruire nel XV secolo dalla famiglia dei Colonna.Tuttavia nel 1564 Marcantonio Colonna decise di vendere tale palazzo a Giuliano Cesarini.

Secondo gli statuti locali, gli abitanti di Ardea si rifugiavano all'interno della fortezza nel caso in cui vedessero arrivare dal mare le navi dei corsari barbareschi, segnale di una situazione di pericolo.

Ardea | Architetture militari

La prima fortificazione della città è uno degli esempi meglio conservati di aggere arcaico: la difesa era assicurata dallo scavo di un fossato, e il materiale di scavo veniva a formare lungo il lato interno un muro di terra, con un pendio più ripido verso l'esterno e più dolce verso l'interno, per facilitare l'accesso ai difensori.

Le difese erano quindi completate da palizzate in legno.

I tre pianori della città, in parte fortificati naturalmente dai pendii scoscesi delle colline, erano dotati di aggeri nei punti più facilmente accessibili, verso l'entroterra.

La costruzione di queste prime difese è stata attribuita al VII secolo a.C..

Le fortificazioni vennero ricostruite nel IV secolo a.C., con mura in opera quadrata che circondavano l'Acropoli, i cui resti sono visibili sul lato nord-orientale, insieme ad un bastione a pianta pentagonale, aggiunto modernamente con il riutilizzo dei blocchi più antichi.

Ardea | Siti archeologici

Le fonti antiche riportano l'esistenza di culti dedicati a Giunone Regina, a Castore e Polluce, a Venere, a Ercole, a Natio, e al fondatore Pilumno.

Gli scavi archeologici hanno rimesso in luce i resti di quattro grandi templi, due sull'Acropoli e due sulla Civitavecchia, dei quali tuttavia si ignora la dedica.

Nella località "Casarinaccio" sul pianoro della Civitavecchia, sono conservati i resti di un altro tempio, riferibile al VI secolo a.C., epoca di massimo splendore della città.

Gli scavi del tempio, eseguiti negli anni trenta, hanno riportato alla luce il podio del santuario, costituito da tre filari di blocchi di tufo poggianti direttamente sulla roccia, decorati all'esterno da modanature.

Il tempio viene convenzionalmente identificato con quello di Venere.

Nei pressi di "Casarinaccio" è presente un ipogeo paleocristiano del V secolo con importanti affreschi sacri, probabilmente realizzato su un luogo pagano, rinvenuto negli anni '60.

Un secondo tempio arcaico, datato al V secolo a.C. è stato rinvenuto nella località "Monte della Noce", sempre sul pianoro della Civitavecchia.

Il tempio fu in uso fino al I secolo a.C., mentre in seguito venne abbandonato e i materiali riutilizzati per la costruzione delle ville della zona.

Nei pressi doveva trovarsi il foro cittadino, al quale era annessa una basilica, la cui costruzione è stata datata intorno al 100 a.C. e di cui si conservano resti del pavimento in signino.

Una rete di cunicoli scavati nel tufo e realizzati nel V secolo a.C. costituiscono un notevole sistema idraulico, destinato al drenaggio delle acque o per le fognature cittadine.

Altri ambienti scavati nella roccia erano utilizzati come magazzini o cisterne, in alcuni casi suddivisi in navate da pilastri di tufo.

Ambienti scavati sul pendio della Civitavecchia sono stati interpretati come apprestamenti artigianali per l'attività della concia delle pelli (I secolo a.C.).

Area archeologica di Castrum Inui
Alla foce del fiume Incastro scavi archeologici in corso dal 1998, diretti dal dott. Francesco Di Mario, responsabile di zona della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio, hanno riportato alla luce i resti di un centro portuale fortificato (dal IV-III secolo a.C. fino al III secolo d.C.) e di una precedente area sacra (dal VI secolo a.C. al II secolo d.C.), che sono stati identificati con il Castrum Inui e con il santuario internazionale noto come Aphrodisium, dedicato ad Afrodite Marina.

I reperti attestano la presenza di un insediamento urbano numericamente consistente ed organizzato che si avvaleva di grandi cisterne per la riserva idrica, era dotato di impianto termale, di elaborati meccanismi di deflusso delle acque, di costruzioni a più piani con decorazioni murali e numerosi mosaici, sia con tessere grandi, sia con tessere molto piccole.

Le parti più antiche sono caratterizzate da strutture imponenti realizzate con blocchi di tufo di grandi dimensioni.

Questi manufatti sono stati inglobati nelle costruzioni successive, che si sovrappongono e intersecano tra loro.

Con il passare dei secoli le ristrutturazioni diventano meno raffinate e realizzate prevalentemente riutilizzando il materiale esistente.

Le recenti campagne di scavo hanno portato alla luce un'area sacra molto estesa, con edifici e strutture in tufo, provvisoriamente datate fra il VI secolo a.C. e il II secolo d.C. una delle porte di accesso al Castrum ed importante materiale collegato al culto dei Dioscuri, di Venere, di Minerva e di Esculapio.

Ardea | Giardini della Landriana

I Giardini della Landriana sono dei giardini disegnati da Russel Page, famoso architetto di paesaggi, che sistemò la notevole collezione di piante e fiori realizzata da Lavinia Taverna sulla propria proprietà della "La Landriana" nel corso di una decina di anni.

La proprietà si articola su una serie di giardini a tema (giardino degli aranci, giardino delle eriche, valle delle rose, ecc.), da cui il nome della tenuta.

Ardea | La Storia

Ardea | Le origini mitiche della Costa di Enea

Il mito ha elaborato varie versioni sulle vicende della fondazione della città di Ardea, legate al racconto dello sbarco di Enea sulle coste del Lazio e quindi alla nascita di Roma.

Una prima leggenda, riportata da Dionigi di Alicarnasso, fa risalire la fondazione della città ad Ardeas, figlio di Odisseo e Circe.

Una diversa versione lega le origini di Ardea, nel XV secolo a.C. a Danae, figlia del re di Argo, che dopo la nascita di Perseo da Zeus, sarebbe giunta sulle coste laziali e avrebbe sposato il rutulo Pilumno dando origine alla discendenza di Turno.

Insieme decisero di fondare una nuova città: il luogo fu scelto in corrispondenza di una ripida rupe tufacea, scoperta risalendo il fiume Incastro su una piccola imbarcazione.

Si racconta che la città fu fondata da Danae

(Virgilio, Eneide, VII, 409-410)

Ovidio riferisce l'origine del nome di Ardea all'alzarsi in volo di un airone rosso (Ardea purpurea Linnaeus, 1766) dopo l'incendio e la distruzione della città ad opera di Enea, vittorioso sul re rutulo Turno, figlio di Dauno, che a sua volta era figlio di Danae e di Pilumno.

Infatti Virgilio racconta la morte di Turno nel XII libro dell'Eneide: "Enea uccide il re dei Rutuli che giaceva a terra ferito e inerme".

L'airone rosso o Ranocchiaia (Ardea purpurea Linnaeus, 1766) appartiene all'ordine dei Pelecaniformes ed alla famiglia degli Ardeidae ed è uno dei pochi aironi del paleartico, migratore a lungo raggio.

Il nome di ranocchiaia ormai in disuso e largamente sconosciuto ai molti, era invece comunemente usato nel XIX secolo e riportato in qualsiasi libro naturalistico dell'epoca e si riferiva a quello che si riteneva il principale alimento di questo uccello.

Era già chiamato anche airone rosso una traduzione diretta dal binomio scientifico anche se di rosso, nella livrea di questo airone, non è che ne abbia poi tanto.

L'etimologia del genere Ardea trae origine dalla mitologia romana e designava l'odierna città di Ardea nel Lazio, al tempo capitale dei Rutuli, rasa al suolo e totalmente bruciata durante la guerra con Enea.

Dalle sue ceneri risorse un uccello che dopo aver emesso un lungo lamento e scosso la fuliggine che lo copriva completamente, si rivelò essere candido.

Forse un diretto riferimento alla leggenda dell'Araba Fenice.

La specie purpurea dal latino "purpureus" ed a sua volta dal greco "porphureos" con significato di color porpora.

Il motto della Fenice è Post fata resurgo ("dopo la morte torno ad alzarmi").

«Turno muore.

Ardea cade con lui, città fiorente finché visse il suo re.

Morto Turno, il fuoco dei Troiani la invade e le sue torri brucia e le dorate travi.

Ma, poi che tutto crollò disfatto ed arso, dal mezzo delle macerie un uccello, visto allora per la prima volta, si alza in volo improvvisamente e battendo le ali, si scuote di dosso la cenere.

Il suo grido, le sue ali di color cenere, la sua magrezza, tutto ricorda la città distrutta dai nemici.

Ed infatti, d'Ardea il nome ancor gli resta. Con le penne del suo uccello Ardea piange la sua sorte»

(Ovidio, Metamorfosi, XV.)

Ardea | Preistoria e protostoria

Il territorio di Ardea era già frequentato nel Paleolitico e sono state rinvenute tombe dell'età del rame, con sepolture in posizione rannicchiata, risalenti agli inizi del II millennio a.C. reperti fossili e utensili primitivi presso il Museo di Albano.

Nell'età del ferro l'insediamento era formato da tre villaggi di capanne rispettivamente sui tre pianori sui quali sorge ancora oggi la città (Civitavecchia, Acropoli e Casalazzara), dove sono state rinvenute le tracce dei fori di palo delle capanne e una necropoli a "Monte della Noce", sul pianoro della Civitavecchia, con tombe a fossa infantili e una tomba principesca femminile dell'VIII secolo a.C., con ricco corredo.

Plinio riporta il popolo dei Rutuli, a cui appartenevano anche i centri di AntiumSatricum e Lavinium, come uno dei più antichi popoli del Latium vetus, parliamo di età del bronzo, nel 2000 a.C.

Sono un popolo dalle origini mitologiche, usavano incenerire i loro morti, costituivano una confederazione formata dalle tribù che occupavano le 12 alture tufacee che circondano l’odierna città di Ardea.

Il potere era esercitato dai sacerdoti e dalla casta dei guerrieri.

Ogni villaggio era autonomo ed indipendente, ma si coalizzavano in caso di necessità o di guerra.

Ardea, nata come agglomerato essenzialmente agricolo, si sviluppò tuttavia soprattutto grazie agli scambi commerciali, favoriti dalla posizione della città, compresa tra Latini, Volsci ed Etruschi e dalla dotazione di un porto-canale alla foce del fiume Incastro (Castrum Inui).

Durante l'età del ferro, intorno al 1200 a.C. iI Re Pilumno, sposando Danae (figlia di Acrisio, Re di Argo), diede l’opportunità ad una colonia di greci di “fondersi” con i rutuli.

Questa unione contribuì ad accrescere la civiltà e lo sviluppo sociale.

Ardea, articolarmente rinomata per la produzione di armi e di oggetti ornamentali, divenne dominatrice dei restanti villaggi rutuli concentrando il potere religioso e militare sull’acropoli.

Il popolo di guerrieri e pastori, sotto la guida dei greci si trasformò in popolo di marinai, esercitando traffici marittimi ed acquisendo civiltà e tecnologia da fenici, etruschi e greci, avviando così una fitta rete commerciale con le colonie greco-focesi.

Sotto il regno di Turno contrastarono fortemente l’invasione dei troiani di Enea (l’Eneide di Virgilio).

Nei secoli dall'VIII al VI a.C. fu uno dei centri più importanti del Lazio meridionale, con un ricco artigianato e oggetti importati anche da regioni lontane.

La città arrivò al suo periodo di massimo sviluppo nel VI secolo a.C. e furono occupati da edifici religiosi e civili l'Acropoli e la Civitavecchia.

Ardea - scavi archeologici
Ardea - scavi archeologici

Ardea | Rutuli e Romani

A più riprese gli Ardeati furono alleati o nemici di Roma, nell'ambito delle vicende della Lega Latina: un primo attacco sotto Tarquinio il Superbo, di cui parla la tradizione, sembra non avesse avuto successo, e poco dopo, nel primo trattato tra Roma e Cartagine del 509 a.C., la città era riportata tra gli alleati dei Romani.

Nel corso del V secolo a.C. la vita cittadina fu dominata dalla contesa contro i Volsci e nel IV i Galli, dopo aver saccheggiato Roma, si rivolsero contro Ardea e la assediarono, senza successo; furono anzi gli Ardeati, guidati da Furio Camillo, in esilio nella città, che dopo aver respinto l'assedio, marciarono verso Roma e la liberarono dall'occupazione gallica.

Nel secondo trattato romano-cartaginese del 348 a.C., Ardea è nuovamente nominata tra le città alleate dei Romani.

A quest'epoca risale il rifacimento delle mura di cinta: il precedente triplice recinto difensivo venne sostituito da mura in opera quadrata, di cui si conservano alcuni resti, che cingevano i pianori dell'Acropoli e della Civitavecchia.

Tuttavia, durante la seconda guerra punica  (227 a. C.), Ardea fu una delle dodici colonie che rifiutarono ai Romani gli aiuti militari.

Dopo la sconfitta cartaginese, i Romani si rivolsero contro le città ribelli della Lega Latina sconfiggendole, e le privò dell'autonomia.

Tra il III e il II secolo a.C. Ardea decadde, probabilmente soprattutto per la crisi economica dei centri laziali, le cui risorse si erano prosciugate nelle guerre puniche e nella successiva guerra contro i Sanniti.

La città era quasi completamente in abbandono entro l'età imperiale romana, sebbene resti di abitato sopravvivessero fino al V secolo, mentre delle grandi ville furono costruire lungo la via in direzione del mare, infatti in età repubblicana e imperiale vi erano deportati e relegati al confino i prigionieri politici.

Il territorio dei rutuli, ormai semi disabitato, venne ripopolato da una colonia di latini ed italici, che vennero chiamati ardeatini.

Ardea (RM) - Mura del V sec a.C.
Ardea (RM) - Mura del V sec a.C.

ARDEATINI

Siamo nel 100 a. C. ed una grave crisi sociale ed economica attanaglia tutto il territorio.

La classe politica, incapace di governare, non fu in grado di adeguarsi alle evoluzioni in atto. L’interramento del porto e l’esaurimento dell’industria metallurgica anticiparono la decadenza di Ardea, ormai attirata nell’orbita di Roma.

Unica fonte di proventi rimane l’attività religiosa, osteggiata dai seguaci della nuova religione: i cristiani.

Considerata la scarsità degli abitanti, l’imperatore Adriano provvide ad accrescerne il numero stabilendo una Colonia di laurentini/lavinensi (Tor San Lorenzo).

Ardea | Medioevo

La città, sopravvissuta probabilmente come piccolo luogo fortificato, riprese a crescere solo dal IX secolo, in seguito al progressivo spopolamento delle domus cultae, piccoli centri agricoli fondati dai papi nelle campagne per la coltivazione e la bonifica, e alle necessità di difesa contro i Saraceni.

Nel IX secolo Ardea diede i natali a Papa Leone V, un papa eletto nel 903 in odore di santità, ma che fu deposto dopo soli 30 giorni da una congiura.

Nel 1074 la civitas Ardeae venne inclusa nella bolla di Gregorio VII mediante la quale tra gli altri numerosi beni, veniva donata per metà all'abbazia di San Paolo fuori le mura con il castello e il suo territorio, essendo probabilmente già l'altra metà del monastero di Sant'Alessio all'Aventino.

Nella bolla di papa Gregorio VII Ardea veniva considerata solo come un castrum ma con poco tempo gli abitanti riuscirono a ottenere il riconoscimento di "civitas",comunità di cittadini.

Ardea ospitò nel 1118 papa Gelasio II in fuga da Roma per sfuggire all'imperatore Enrico V che pretendeva la conferma dei privilegi concessigli nel 1111 dal suo predecessore, il papa Pasquale II, e l'incoronazione in San Pietro.

In quest'epoca ai piedi della rocca di Ardea sorgeva un lazzaretto che ospitava i lebbrosi e gli appestati espulsi dall'Urbe, da cui deriva il nome moderno della zona di Casalazzara.

Nel 1130 l'antipapa Anacleto II confermò la città ai monaci benedettini della Basilica di San Paolo fuori le mura che ancora sul finire del secolo XIV erano impegnati nel riacquisto del feudo mediante la cessione delle tenute di Vallerano e Trefusa.

Passata durante lo Scisma d'Occidente nelle mani di Raimondo Orsini, nel 1421 a seguito di un accordo tra questi, l'abbazia di San Paolo e Giordano Colonna, Ardea fu ceduta a quest'ultimo previa concessione in cambio di altri territori all'Abbazia.

Negli anni precedenti il controllo feudale della città fu oggetto di aspre contese tra le famiglie nobiliari romane come i Savelli e gli Annibaldi che dopo il 1423 furono condannati a cedere ogni loro diritto ai Colonna, grazie all'appoggio di papa Martino V, sul territorio di Ardea e con i castra diruta di VerposaFusignano e San Lorenzo.

Papa Martino V diede così il controllo della città ai propri familiari, la potente famiglia dei Colonna che dominava sul Lazio meridionale.

Nel 1461 i Colonna del ramo di Riofreddo succeduti al ramo di Genazzano, mantenevano solo la giurisdizione feudale, avendo dovuto già cedere la quasi totalità delle tenute ai loro creditori Cesarini, Caffarelli e Rustici.

Andrea Caffarelli sposato con Ludovica Colonna, acquisì dallo zio di questa, Giacomo ultimo erede di quel ramo, il diritto di acquistare per 10 000 scudi la metà del castello di Ardea con l'obbligo perpetuo della retrovendita ai Colonna.

Ardea | Età moderna

Il feudo passò successivamente ad altre famiglie papali: dai Borgia tornò ai Colonna, finché nel 1564 da Marcantonio Colonna la giurisdizione feudale sul castello venne venduta a Giuliano Cesarini la cui famiglia, che ne ottenne il titolo di marchese, aveva potuto acquistare già nel 1454 con Gabriele, sposato con Giulia Colonna sorella maggiore della citata Ludovica, la metà del castello di Ardea con il tenimento di Santa Procula e tutta la fascia costiera fino ai confine con Pratica.

Alcune tenute comprese nel tenimento di Ardea rimanevano comunque ancora di proprietà dei Caffarelli ancora eredi della metà di Ardea oltre che di Riofreddo che cedettero ai Del Drago, e che a metà secolo XVI erano i territori di Casalazzara, Campo del Fico, Tufella, Valle Lata e Carroceto che vennero poi censite nel catasto dell'Agro Romano.

In questo periodo la città visse essenzialmente come borgo agricolo, seguendo le sorti delle famiglie che di volta in volta la governavano.

Il castello dei Colonna edificato nel 1461 sorge ancora oggi in località Campo del Fico, mentre in località Castellaccio a Fossignano ci sono i resti del castello dei Frangipane del 900 d.C. a pochi chilometri dalla rocca.

Nel 1816, a causa dell'esiguo numero di abitanti, la città divenne una frazione di Genzano di Roma e il borgo, alla vigilia della bonifica integrale pontina, risultava praticamente disabitato.

Nel 1817, in seguito al motu proprio di Pio VII, il suo territorio passò insieme a quello di Pomezia al comune di Roma.

Nel 1837 contava solo 176 abitanti.

A partire dal 1932 una parte del suo territorio rurale fu oggetto di lavori di bonifica idraulica, regimentazione delle acque e appoderamento, curati dall'ONC e dai consorzi di bonifica, cui seguì il ripopolamento controllato del centro e delle campagne circostanti. Il borgo fu praticamente "ri-fondato", ristrutturandone i resti, e divenne parte del comune di Pomezia fin dall'atto della sua costituzione.

Nel 1970 divenne comune autonomo, distaccandosi da Pomezia su un territorio che rispecchia solo in parte quello delle sue origini.

Ardea | Simboli

Lo stemma del Comune di Ardea è stato concesso con decreto del presidente della Repubblica del 30 ottobre 2008.

«Troncato: il primo, di rosso, all'airone d'argento, volante in banda, le ali in sbarra; il secondo, di cielo, alla nave all'antica, d'oro, guarnita d'argento, navigante sul mare di azzurro, mareggiato di argento. Ornamenti esteriori da Comune.»
(D.P.R. 30.10.2008 concessione di stemma e gonfalone)

Nello stemma sono raffigurati gli elementi legati al mito della fondazione della città: la nave che portò Enea sulle coste laziali e l'airone a cui Ardea deve il suo nome.

Ardea | Airone

L'airone di Ardea rappresenta la versione italica del mito dell'araba Fenice, l'uccello che ogni 500 anni rinasceva dalle sue ceneri.

L'origine degli aironi dalle ceneri di Ardea possiede un significato simbolico, in quanto il poeta Ovidio ricorda Ardea come la città dei Rutuli che era sempre capace di superare le situazioni più difficili.

D'altronde il motto latino dell'airone cenerino è ALTIOR ADVERSIS (oltre ogni avversità).

Quando tutto
fu ridotto in cenere,
dalle macerie si alzò
in volo un uccello.
Il suo grido,
la sua magrezza,
il suo pallore
tutto ricordava la città:
il suo nome è Ardea

(Ovidio, Le Metamorfosi, libro XIV,574-580)

Secondo Omero l'airone cenerino era il messaggero della dea della Sapienza, Minerva, e secondo Plinio Il Vecchio la sua funzione era quella di annunciare la fine del pericolo e della paura.

Il nome della città di Ardea deriva dalla parola latina ardea che significa "airone".

La radice ard/t di Ardea ha origine nelle parlate più antiche del mediterraneo ed indica qualcosa di "luminoso, splendente".

 

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