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Riserva naturale di Tuscania
Riserva naturale di Tuscania
Tuscania
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Indirizzo:
01017 Tuscania VT, Italia
Descrizione:

La riserva naturale di Tuscania è un'area naturale protetta situata nel comune di Tuscania, 24 chilometri a Ovest di Viterbo, nell’alto Lazio.

La riserva naturale di Tuscania occupa una superficie di 1.901 ettari ed è stata istituita nel 1997.

A Tuscania il corso del Tevere e il Mar Tirreno, segnavano, fino alla conquista da parte dei Romani, i confini naturali dell’Etruria, la terra degli antichi Tusci, meglio noti come Etruschi.

Riserva naturale di Tuscania
Riserva naturale di Tuscania

Riserva naturale di Tuscania | Morfologia, Flora & Fauna

La riserva naturale di Tuscania si sviluppa su un'area collinare a vocazione agricola, tra i 224 m s.l.m. di San Savino, a nord, e i 30-40 m s.l.m. del fiume Marta, che taglia in due la riserva.

Il territorio della riserva naturale di Tuscania è quello caratteristico della Maremma laziale, della Maremma litoranea e dell'Etruria viterbese.

Più del 60% del territorio collinare è coltivato e scandito da oliveti e terreni atti alla semina.

La regione è costellata di laghi di origine vulcanica, come il vicino Bolsena e i più lontani Vico e Bracciano, nati dalle immani eruzioni che sconvolsero la zona 600 mila anni fa, durante il Pleistocene, e che continuarono sino a 60 mila anni fa, con scosse di assestamento che durano ancora oggi.

Segno inequivocabile della storia vulcanica di questi luoghi è anche la roccia tufacea, nella quale il millenario lavoro dell’acqua ha scavato profondi dirupi.

Lungo l'alto corso del fiume Marta si sviluppa la flora igrofila e ripariale: sono presenti il pioppo, l'ontano, il salice e ampie zone a canneto.

Presso alcune sorgenti si trova la rara felce detta capel Venere (Adiantum capillus-veneris) e il sambuco.

Lungo il basso corso, e quindi scendendo di quota, troviamo cerri, lecci, lentischi, carpini, roverelle, aceri, frassini e cornioli.

La sughereta è tutelata come SIC.

Campagne coltivate si alternano a forre e alla valle scavata nel tempo dal fiume e da alcuni affluenti, come il Traponzo e il Maschiolo.

E sono proprio le fasce ripariali boschive lungo i corsi d'acqua ad offrire rifugio a una fauna ancora abbastanza diversificata.

Nel fiume Marta, oltre a specie comuni come il cavedano, troviamo: la lampreda di ruscello, l'cheppia, il barbo e il ghiozzo di ruscello, la rovella, il vairone.

Queste specie sono considerate di interesse comunitario e per questo è stata voluta la tutela dell'alto corso del Marta.

Nei pressi del fiume sono presenti il pendolino europeo (Remiz pendolinus), il martin pescatore (Alcedo atthis) e l'usignolo di fiume (Cettia cetti), mentre nelle zone più agricole che si incontrano verso valle si trovano l'allodola (Alauda arvensis), l'allocco (Strix aluco), l'albanella minore (Circus pygarcus), la quaglia (Coturnix coturnix), la ghiandaia marina (Coracias garrulus), il rigogolo (Rigogolus canorus), la calandra (Melanocorypha calandra), la cappellaccia (Galerida cristata).

Tra i rapaci ricordiamo il lodolaio (Falco subbuteo), il gheppio (Falco tinnunculus) e lo sparviero (Accipiter nisus).

Riserva naturale di Tuscania
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Tuscania
Tuscania - chiesa di san pietro

Riserva naturale di Tuscania | Storia

La ricca area archeologica di Tuscania è interna alla riserva.

Dappertutto caratterizzano il paesaggio i resti archeologici di notevole interesse e soprattutto gli innumerevoli segni della civiltà etrusca: tumuli non ancora riportati alla luce dall’evidente profilo antropico, nicchie e anfratti che formano i resti di estese necropoli, tracce di strade romane incise nel tufo, muraglioni, chiese e abbazie medievali.

La Riserva include la periferia più antica di Tuscania, con le possenti mura e un ricchissimo corollario di siti storici.

Il primo e più vistoso impatto è dato dalle due grandi pievi medievali di Santa Maria Maggiore e San Pietro, su un colle appena fuori città.

La prima risale addirittura al V-VI secolo, costruita probabilmente su un antico tempio romano e ampliata con forme romaniche e torre campanaria nel XI secolo.

La seconda, in cima all’omonimo colle che ospitava l’antica acropoli, è invece una delle primissime basiliche in stile romanico-lombardo della cristianità.

Fondata nel VIII secolo e quasi completamente ricostruita nel XI secolo, divenne centro della diocesi e sede di agguerriti “vescovi-conti”.

Non a caso si presenta quasi come una fortezza, maestosa e solenne, affiancata da due torri e dal palazzo vescovile.

Dal suo piazzale si ha uno splendido colpo d’occhio su gran parte della Riserva e sulla città, duramente colpita dal terremoto del febbraio 1971, ma che ancora conserva intatta la sua magica atmosfera.

Scendendo verso il fondovalle, i siti archeologici si moltiplicano, con un susseguirsi di necropoli etrusche riportate alla luce nel XIX secolo dalla famiglia di archeologi Campanari.

Di solito raggruppate in gruppi ben distinti, ma abbastanza vicini, spesso sono ancora nascoste tra le forre e i boschi che circondano il fiume.

Celeberrime sono le necropoli della Madonna dell’Olivo, del Pian di Mola, della Peschiera, dell’Ara del Tufo, di Carcarello, delle Scalette, di Castelluzza, di Sasso Pizzuto, San Lazzaro, del Guado.

Secondo molti studiosi gli Etruschi arrivarono sulle coste del Tirreno settecento anni prima della nascita di Cristo, provenienti dall’Asia Minore, più precisamente dalla Lidia.

Qui si mescolarono alle locali popolazioni Villanoviane dando avvio a una civiltà florida e in continua espansione, strutturata in una confederazione di potenti città, che dall’Etruria – di cui la Tuscia rappresenta il cuore – si spinse a Nord sino alla Pianura Padana dei Celti cisalpini e a Sud fino a Cuma, in Campania, dove i Greci erano da secoli potenti coloni.

Tra le più affascinanti popolazioni pre-romane, gli Etruschi hanno lasciato testimonianze della propria cultura e dei propri costumi soprattutto nelle innumerevoli tombe, impreziosite da pitture policrome e suppellettili, che si possono ammirare visitando le varie necropoli e i musei di cui la Tuscia è ricca.

Ma non solo.

A pochi chilometri a Sud – Ovest di Tuscania sorge Vulci, tra i più importanti centri dell’Etruria, della quale è ancora possibile cogliere l’abitato nella sua interezza.

Inserita in un parco archeologico e naturalistico, costituisce una tappa fondamentale nel viaggio alla scoperta delle tracce lasciate dal popolo etrusco.

Con l’avvento di Roma, lo scontro tra le due civiltà fu inevitabile. Già a partire dal IV sec. a.C., quando i Romani superarono il confine invalicabile della città di Vejo.

La lotta continuò sino al III sec. a.C. sebbene tra i primi re di Roma vi fossero proprio degli Etruschi. Come Servio Tullio, il re nato a Vulci che diede a Roma il nuovo ordinamento centuriato.

Dopo Vejo, i Romani arrivarono a Nepi e a Sutri, ma solo più tardi osarono oltrepassare la fitta e impenetrabile Selva dei Monti Cimini, affacciandosi per la prima volta sulla grande pianura che da Viterbo si estende verso la Maremma.

Tarquinia fu conquistata nel 307 a.C. e nel 280 a.C. fu la volta della grande Vulci.

Inizia qui il vero inesorabile declino degli Etruschi, che tuttavia colpisce solo in parte Tuscania.

Infatti questa città, sviluppatasi progressivamente, raggiunse la massima prosperità tra il IV ed il I secolo a.C., in gran parte proprio durante la conquista romana, avvenuta nel III secolo.

Al contrario di quanto accadde ad altre città etrusche, questo fatto non ne avviò la decadenza, ma ne favorì lo sviluppo.

I Romani realizzarono a Tuscania una sorta di grande mercato generale destinato a raccogliere le derrate alimentari a sostegno della capitale, costruendo innanzitutto un’importante via di comunicazione (la via Clodia, nel 225 a.C.) e poi acquedotti, terme e numerosi edifici.

La sua importanza crebbe a tal punto che, dopo la guerra sociale del 90 a.C. che segnò la romanizzazione del mondo etrusco, divenne municipium romano.

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