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La Galleria Colonna Museo e Pinacoteca si trova all'interno di ciò che rimane del Palazzo dell'antica casata Colonna.
La Galleria Colonna fa parte del palazzo romano che ora occupa l'isolato compreso tra piazza Santi Apostoli, via Ventiquattro Maggio, via Quattro Novembre e piazza della Pilotta, e si estende su un'area dove già prima dell'anno 1000 sono documentati edifici, case, fortezze appartenenti ai Conti di Tuscolo, dai quali discende la nobile famiglia dei Colonna cui tuttora appartiene.
L'area occupata da Palazzo Colonna inclusa la villa al Quirinale copre una estensione totale di circa tre ettari che lo rende in assoluto il palazzo nobiliare più esteso della città.
Lo stemma della famiglia, e quindi il nome, secondo taluni sembra prendere appunto il nome dalla vicina Colonna Traiana, a testimoniare la forte influenza della famiglia in quella zona.
Autentico gioiello del barocco romano, la Galleria Colonna fu commissionata a metà del 1600 dal Cardinale Girolamo I Colonna e dal nipote Lorenzo Onofrio Colonna, per essere poi inaugurata dal figlio di Lorenzo Onofrio, Filippo II, nell’anno 1700.
La Galleria Colonna, oltre i magnifici giardini di Palazzo Colonna, comprende diverse sale la cui visita vi lascerà esterrefatti:
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- Sala della Colonna Bellica
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- Sala Grande
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- Sala dei Paesaggi
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- Sala dell'Apoteosi di Martino V
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- Sala del Trono
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- Sala dell'Arazzo
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- Sala della Cappella
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- Sala dei Primitivi
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- Sala dei Ricami
Padiglione Pio dedicato alla Principessa Donna Sveva Colonna (1912-1999):
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- Sala della Cornucopia
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- Sala del Baldacchino
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- Galleriola
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- Sala della Maioliche
Appartamento della Principessa Isabelle
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- Sala del Vanvitelli
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- Sala delle Feste
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- Sala della Fontana
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- Sala del Dughet
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- Sala del Mascherone
Il museo è di proprietà privata per cui non esistono tanti sconti e convenzioni e, diciamolo, il biglietto di ingresso non è esattamente tra i più economici, ma effettivamente entrerete in un luogo incantato dove l'arte viene sostenuta, collezionata e finanziata da molti secoli.
Se poi voleste organizzare una visita privata dell'Appartamento Galleria o di quello della Principessa Isabelle non esitate a contattare gli uffici della Galleria Colonna al numero 06/6784350 o per email all’indirizzo [email protected].
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Galleria Colonna - Piazza SS. Apostoli, 66 Roma
Autentico gioiello del barocco romano, la Galleria Colonna fu commissionata a metà del 1600 dal Cardinale Girolamo I Colonna e dal nipote Lorenzo Onofrio Colonna.
Fu inaugurata dal figlio di Lorenzo Onofrio, Filippo II, nell’anno 1700.
Il progetto originario è dell’architetto Antonio del Grande; è stato quindi integrato, negli ultimi decenni del 1600, da Gian Lorenzo Bernini, Johan Paul Schor e Carlo Fontana.
Fin dal primo momento, la Galleria è stata ideata come grande sala di rappresentanza per celebrare degnamente la vittoria della flotta cristiana sui turchi alla battaglia di Lepanto del 1571.
Il comandante della flotta pontificia, Marcantonio II Colonna, viene raffigurato in vari momenti su tutta la volta della Sala Grande della Galleria e nella Sala della Colonna Bellica.
L’affresco della volta sovrastante la Sala della Colonna Bellica è di Giuseppe Chiari e raffigura la presentazione in cielo di Marcantonio alla Vergine.
La sala prende il nome dalla colonna in marmo rosso posta su un piedistallo al centro della sala, che richiama lo stemma della famiglia.
I relativi intarsi illustrano scene di vita della Roma antica.
Tra i tanti capolavori artistici presenti nella Sala della Colonna Bellica, vi segnaliamo lo splendido dipinto del Bronzino raffigurante Venere Cupido e Satiro.
Di rilevante interesse sono anche i tre grandi dipinti di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio raffiguranti La Notte, sopra il Bronzino, e, sulla parete opposta, L’ Aurora, e Venere e Amore.
Sulla breve rampa di scale che scende verso la Sala Grande della Galleria Colonna, troverete una palla di cannone, che è arrivata esattamente nello stesso punto nel 1849, durante il periodo della Repubblica Romana.
È stata sparata dal Gianicolo dall’esercito francese, agli ordini del Generale Oudinot, entrato da Porta San Pancrazio e venuto a soccorrere Papa Pio IX dagli insorti repubblicani, tra i quali Mazzini, Armellini e Saffi, che occuparono per qualche mese il centro storico di Roma.
Procedendo nella visita della Sala Grande, vi segnaliamo le quattro grandi specchiere dipinte da Mario dei Fiori, Giovanni Stanchi e Carlo Maratta, e l’imponente successione di capolavori pittorici ad opera del Guercino, Salvator Rosa, Jacopo Tintoretto, Francesco Salviati, Guido Reni, Giovanni Lanfranco e molti altri.
Vi consigliamo di trattenervi a passeggiare liberamente in questa splendida Sala tra dipinti, sculture e altri arredi preziosi, che rappresentano il cuore delle Collezioni artistiche di famiglia, vincolate dal fidecommesso fin dal XIX secolo, che le rende indissolubilmente legate alle mura del Palazzo, inalienabili e indivisibili, il che rappresenta la miglior garanzia per la loro conservazione nel tempo.
Oltrepassate le due maestose colonne rivestite in marmo giallo di Siena, ci si trova nella Sala dei Paesaggi, cosiddetta per i numerosi dipinti a soggetto campestre, opera di Gaspard Dughet.
La volta, raffigurante un’Allegoria della Battaglia di Lepanto, è stata dipinta alla fine del ‘600 da Sebastiano Ricci.
Il grande scrigno in ebano e avorio, opera dei fratelli tedeschi Steinhart, raffigura scene dall’Antico e dal Nuovo Testamento e, nella parte centrale, riproduce il Giudizio Universale dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina in Vaticano.
Sulla parete opposta è collocato uno scrigno in legno di sandalo e pietre dure raffigurante una villa romana dell’epoca.
Da notare che tutte le consoles della Galleria, compresi i due suddetti scrigni, sono sostenuti da figure sottomesse, che rappresentano i turchi vinti alla Battaglia di Lepanto.
Procedendo nella visita, si arriva nella Sala dell’Apoteosi di Martino V, che prende il nome dalla grande tela di Benedetto Luti posta al centro del soffitto, raffigurante la presentazione in cielo del Papa di famiglia.
Questa sala è ricca di capolavori importanti: Il Mangiafagioli di Annibale Carracci è tra i più famosi e rappresenta il pasto di un contadino del XVI secolo.
Ha sicuramente ispirato, dopo tre secoli, pittori impressionisti come Van Gogh e Degas.
Sopra al Mangiafagioli è collocata una pregevole tavola del Bronzino, raffigurante la Madonna con il Bambino assopito, S. Anna e S. Giovannino.
Alla destra del camino, in alto il dipinto di Perin del Vaga raffigurante S. Giuliano l’ospitaliero e, in basso, il Ritratto del compositore Adrian Willaert alla spinetta di Jacopo Tintoretto.
Sulla parete centrale, Il Tempo rapisce la Bellezza del Cavalier d’Arpino, Il Ratto d’Europa di Francesco Albani, San Girolamo penitente nel deserto del Perugino e la Sacra Famiglia con San Sebastiano, San Girolamo e la Maddalena di Paris Bordone.
E ancora, la Madonna Incoronata di Andrea del Sarto, l’Autoritratto con cammeo e la Resurrezione di Lazzaro di Francesco Salviati.
Al centro della parete d’accesso alla sala, sopra la seicentesca console romana, un busto in marmo di Carrara del Cardinale Girolamo I Colonna, committente della Galleria, eseguito da Orfeo Boselli alla metà del 1600.
Sulla sinistra, un pregevole dipinto di Jacopo Tintoretto, raffigurante Onofrio Panvinio, uno storico agostiniano molto conosciuto nella sua epoca; sulla destra, Il Gentiluomo di Paolo Veronese.
Passando alla Sala successiva, ci troviamo nella Sala del Trono, ancora dedicata al Papa di famiglia, Oddone Colonna, eletto Sommo Pontefice l’11 novembre 1417 nella ricorrenza di San Martino, e che per questo motivo scelse appunto il nome di Martino V.
Durante il suo pontificato, che durò fino al 1431, Papa Martino V dimorò stabilmente a Palazzo Colonna, che fu pertanto per circa dieci anni Sede Pontificia.
Il trono rivolto al ritratto papale era riservato alle visite dei Papi, che fino al 1870 usavano di tanto in tanto visitare i Palazzi delle antiche famiglie del patriziato romano.
Ai lati del ritratto di Martino V sono collocati due piccoli ritratti raffiguranti Marcantonio II Colonna, trionfatore a Lepanto, e sua moglie Felice Orsini, ad opera di Scipione Pulzone; sulla stessa parete si trovano anche i due dipinti più antichi della Collezione, la Madonna con Angeli di Stefano da Verona, del XIV secolo, e la Crocifissione di Jacopo Avanzi, anch’essa del 1300.
Nella successiva Sala dell’Arazzo si può ammirare il grande arazzo seicentesco di manifattura italiana raffigurante La Regina Artemisia esamina il progetto per la tomba del marito Mausolo.
Inoltre, molti dipinti di squisita fattura, tra cui La strage degli innocenti di Jacopo del Sellaio, La riconciliazione di Esaù con Giacobbe di Peter Paul Rubens e l’Ecce homo di Francesco Bassano il Giovane.
La Sala gialla, o sala d’ingresso all’Appartamento Galleria dall’interno del Palazzo, è posta tra la Sala dell’Arazzo e la Sala della Cappella.
Gli affreschi parietali sono opera dei fratelli Giuseppe e Stefano Pozzi (autori del corredo figurale) e di Giovanni Angeloni (per i paesaggi ed ornamenti) e furono eseguiti all’incirca nella metà degli anni Cinquanta del Settecento.
Essi rappresentano vedute ideali di ville, con scenografici effetti a trompe-l’oeil, come le due ghirlande di stucco a rilievo che raccordano l’affresco della volta.
Da qui, attraverso due porte, si accede alla Sala della Cappella che conserva alcuni arazzi della serie della regina Artemisia: i due ai lati della finestra e quello sulla parete d’ingresso sono datati ai primi anni del XVII secolo (manifattura di Parigi – Boulevard St. Marcel).
Interessanti anche i dipinti, tra cui spicca la Resurrezione di Cristo e di alcuni esponenti della famiglia Colonna alla fine dei tempi di Pietro da Cortona.
Presente in sala anche il Mosé con le tavole della legge del Guercino.
Da notare infine il lampadario, il più grande del palazzo, realizzato a Murano nel XVIII secolo.
La sala si apre sulla piccola cappella di famiglia all’interno della quale si trovano, sopra l’altare, una Sacra Famiglia di Giuseppe Bartolomeo Chiari, e una Deposizione di Paolo Farinati (XVI secolo) sulla destra.
A sinistra invece la vetrata del XIX secolo raffigurante la traslazione del corpo della Beata Margherita Colonna da Castel San Pietro alla chiesa romana di San Silvestro in Capite (1283).
Riattraversando la sala gialla, si passa all’attigua Sala dei Primitivi.
Qui è conservato un maestoso arazzo francese dei primi del ‘600, anch’esso di manifattura parigina – Boulevard St. Marcel – raffigurante la Regina Artemisia che assiste alla lezione di equitazione del figlio, il giovane principe Lygdamis.
La pregevole tappezzeria è stata sottoposta ad un importante intervento di pulitura e restauro conservativo a Bruxelles presso la Manifattura reale De Wit negli anni 2011 e 2012.
La sala ospita inoltre una notevole collezione di dipinti, prevalentemente a soggetto sacro, tra il XV e il XVII secolo.
Tra i tanti, due piccole tavole del celebre artista ferrarese Cosmè Tura raffiguranti, rispettivamente, La Madonna col Bambino (detta anche Madonna dello Zodiaco, per i segni zodiacali raffigurati sullo sfondo) e la Vergine Annunciata; il Sant’Agostino di Carlo Crivelli, la Madonna con Bambino e Santi di Jacopo Palma il Giovane, i due dipinti di Pietro Alemanno con Sant’Antonio Abate ed un Santo Vescovo, i due Bernardino di Mariotto con L’adorazione dei pastori e Cristo fra i dottori, le due piccole tavole dipinte dal cosiddetto Maestro della Predella Colonna, raffiguranti La Nascita della Vergine e Due donatori inginocchiati in un paesaggio.
La successiva Sala dei ricami prende nome dalle pregevoli tappezzerie “all’indiana”, della metà del XVII secolo, che adornano le pareti, tessute con la tecnica del filo d’oro e seta.
Il baldacchino centrale riporta gli stemmi Colonna e Pamphilj, per il matrimonio di Filippo II Colonna, figlio di Lorenzo Onofrio Colonna e Maria Mancini Mazzarino, con Olimpia Pamphilj, avvenuto nel 1697.
Dalla Sala dei Ricami si accede ad un piccolo vestibolo con specchi, affrescato nella metà del XVIII secolo, che ci riporta nella Sala dell’Apoteosi di Martino V.
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Palazzo Colonna | Padiglione Pio | Galleria Colonna
Il Padiglione Pio è dedicato alla Principessa Donna Sveva Colonna (1912-1999) sposata nel 1932 con il Principe spagnolo Don Alfonso Pio Falcò (1903-1967).
Donna Sveva Colonna Pio era la prima dei due figli della Principessa Donna Isabelle Colonna Sursock, e quindi sorella del Principe Don Aspreno Colonna, padre degli attuali Principi.
Donna Sveva non ha avuto figli ed è ritratta, all’età di 25 anni, nel grande dipinto del famoso pittore spagnolo Ignacio Zuloaga (1870-1945) insieme al suo cane Whisky davanti alla villa di suo marito a Imbersago (Lecco), Villa Mombello, ed è anche rappresentata in un busto di bronzo eseguito da Antonio Berti (1904-1990).
I sei grandi arazzi secenteschi (manifattura francese di Gobelins, sec. XVII) rappresentano alcuni momenti della vita di Alessandro Magno (sec. IV a.C.) e provengono dalla collezione di Filippo III Colonna (sec. XVIII).
Il busto di Papa Benedetto XIV (1740-1758), al secolo Prospero Lambertini (1675-1758), proviene dalla collezione Pio così come il ritratto ed i busti di Donna Sveva e del Re Filippo IV di Spagna (1605-1665).
Le sale che oggi compongono il Padiglione Pio erano parte dell’appartamento cardinalizio un tempo abitato da tre cardinali Colonna: Ascanio (sec. XVI), Girolamo I (sec. XVII) e Girolamo II (sec. XVIII).
Palazzo Colonna | Padiglione Pio | Sala della Cornucopia
La Sala della cornucopia e la successiva Sala del baldacchino presentano soffitti decorati nel tardo Cinquecento (1588-1592) nell’ambito della vasta campagna decorativa promossa dal Cardinale Ascanio Colonna (1560-1608).
Entrambi gli ambienti furono successivamente restaurati alla metà del Seicento dal Cardinale Girolamo I Colonna (1604-1666).
A quest’epoca risalgono le mostre delle porte recanti le iscrizioni HIERONYMUS CARDINALIS COLUMNA DUX ET PRINCEPS, le decorazioni floreali dipinte nelle lunette che corrono alla base delle volte e il restauro delle pitture cinquecentesche.
Il soffitto presenta una ricchissima decorazione su fondo oro dai colori vivaci che si sviluppa attorno al grande stemma Colonna raffigurato al centro, circondato dal collare dell’Ordine del Toson d’oro e attorniato da vessilli turchi e da bandiere con le insegne di Papa Pio V (pontificato 1566-1572) e del Regno spagnolo di Castiglia e León, richiami alla vittoriosa battaglia di Lepanto (1571).
Gli affreschi celebrano il ruolo culturale ed ecclesiastico del Cardinale Ascanio Colonna attraverso figure allegoriche di Virtù e gli emblemi del potere vescovile, cardinalizio e papale sostenuti da figure alate e putti.
Nei quattro ovali che circondano lo stemma sono rappresentate Storie dell’Antico Testamento: la Creazione di Adamo; la Creazione di Eva; il Peccato originale; la Cacciata dei Progenitori dal Paradiso Terrestre.
L’allestimento delle pareti con arazzi e pannelli in tessuto dipinti risale ad una campagna di ristrutturazione affidata dal Cardinale Girolamo II (1708-1763) all’Architetto Paolo Posi alla metà del Settecento (1756 -1763).
I quattro arazzi francesi, manifattura dei Gobelins, sono stati tessuti a Parigi nel XVII secolo sulla base di un celebre ciclo di dipinti eseguiti per il re di Francia Luigi XIV da Charles Le Brun (1619-1690), soprintendente delle manifatture reali francesi.
Acquistati da Lorenzo Onofrio Colonna (1637-1689) per 982 scudi, essi rappresentano le Storie di Alessandro Magno e ricordano significativi episodi delle campagne del sovrano macedone in Asia (in senso orario dalla parete di fronte alle finestre):Eliminato:
- La battaglia di Grànico (334 a.C.), primo scontro tra Alessandro e l’esercito persiano in Asia minore (odierna Turchia);
- La famiglia di Dario rende omaggio ad Alessandro Magno dopo la battaglia di Isso (333 a.C.);
- La battaglia presso il fiume Idaspe (326 a.C.), l’ultima grande battaglia di Alessandro, combattuta contro il re indiano Poro nella regione del Punjab (odierno Pakistan);
- La sconfitta del re indiano Poro (326 a.C.)
A completamento della decorazione delle pareti, i fratelli Stefano e Giuseppe Pozzi (XVIII secolo) eseguirono per gli spazi lasciati liberi dagli arazzi sette pannelli in tessuto raffiguranti Putti e trofei bellici dipinti con pigmenti vegetali, detti succhi d’erba, che permettevano di ottenere un effetto simile a quello dei veri arazzi, creando un insieme unitario.
Il pavimento in marmo giallo di Siena, con intarsiati al centro una cornucopia e negli angoli quattro fiocchi in rosso di Francia, fu eseguito nel 1948 per volontà di Donna Isabelle Sursock Colonna (1889-1984) dalla Ditta Medici su progetto dell’Architetto Clemente Busiri Vici.
Palazzo Colonna | Padiglione Pio | Sala del Baldacchino
La decorazione della volta risale alla campagna decorativa promossa dal Cardinale Ascanio Colonna (1560-1608) nel tardo Cinquecento, con restauri della metà del Seicento.
Al centro del soffitto è raffigurato lo stemma della famiglia Colonna sormontato dalla corona e dalla sirena bifida e affiancato da due putti che sostengono le bandiere ornate dalle insegne pontificie e dallo stemma del regno spagnolo di Castiglia e León.
Attorno è una decorazione a grottesca su fondo bianco, ricca di motivi allusivi alla fama e al trionfo.
Trofei militari su fondo oro, molto simili a quelli che compaiono nelle Sale del Tempesta e del Dughet dell’Appartamento Principessa Isabelle, sono raffigurati nelle vele.
La predominanza dell’elemento bellico in questa sala è finalizzata alla celebrazione delle vittoriose imprese militari della famiglia Colonna e in particolare della fama derivata dalla vittoria di Lepanto.
Sulle pareti grandi vi sono due arazzi della serie dedicata a Storie di Alessandro Magno tessuti a Parigi nel XVII secolo, manifattura dei Gobelins, sulla base di dipinti del pittore Charles Le Brun (1619-1690).
I due arazzi raffigurano due momenti delle guerre persiane e completano il ciclo esposto nella prima sala (Sala della cornucopia):
- La Battaglia di Arbèla o Gaugamèla (331 a.C), combattuta da Alessandro contro Dario IIII non lontano dall’antica capitale assira di Ninive (nei pressi dell’odierna Mosul in Iraq);
- L’Ingresso trionfale di Alessandro a Babilonia, avvenuto nell’ottobre del 331 a.C. dopo la vittoria di Arbèla.
La sala ospita inoltre:
- un Ritratto di Papa Martino V Colonna (pontificato 1417-1431) eseguito nel XVI secolo ad olio su tavola, da considerarsi la più antica effigie del papa ancora oggi conservata nel palazzo;
- un importante busto in marmo di Papa Benedetto XIV (pontificato 1740-1758) opera di Pietro Bracci (1700-1773), proveniente dalla collezione Pio Falcò;
- il Ritratto della Principessa Sveva Colonna Pio (1912-1999), eseguito dal pittore spagnolo Ignacio Zuloaga (1870-1945), che la raffigura a 25 anni, con il cane Whisky, davanti a villa Mombello a Imbersago (Lecco), proprietà del marito Don Alfonso Pio Falcò.
- alcune tele di paesaggio del XVII e XVIII secolo opera di Gaspard Dughet e Frans van Bloemen.
- Il pavimento in marmo a disegno geometrico con specchiature in rosso dei Pirenei e riquadri in verde Aosta, fu eseguito per volontà di Donna Isabelle Sursock Colonna (1889-1984) nel 1947 dalla Ditta Medici su progetto dell’Architetto Clemente Busiri Vici.
Palazzo Colonna | Padiglione Pio | Galleriola
Questo piccolo disimpegno, realizzato nel corso dei lavori eseguiti alla metà del Settecento per volontà del Cardinale Girolamo II (1708-1763), fu dipinto in quegli stessi anni (1756 -1763) da Giovanni Angeloni e dai fratelli Stefano e Giuseppe Pozzi con una decorazione a trompe l’oeil in cui un finto loggiato scoperto si apre illusivamente su vedute di giardini popolati da statue, vasi all’antica e fontane.
L’ambiente ospita un busto in bronzo di Filippo IV di Spagna (1605-1655), proveniente dalla collezione Pio Falcò.
Palazzo Colonna | Padiglione Pio | Sala delle Maioliche
La sala fu completamente ristrutturata nel corso dei lavori promossi dal Cardinale Girolamo II alla metà del Settecento (1756-1763) con una elaborata decorazione in stucchi dorati alle pareti.
Sulla parete di fronte alle finestre è un camino rivestito in marmo giallo antico e verde, sormontato da una imponente specchiera con ricca cornice intagliata e dorata coronata dal monogramma del Principe Lorenzo Onofrio Colonna (1637-1689).
La sala ospita il busto in bronzo di Sveva Colonna Pio, eseguito da Antonio Berti (1904-1990) nel mese di luglio del 1939 e proveniente dalla collezione Pio Falcò.
Il soffitto ligneo decorato da emblemi araldici Colonna risale al XIX secolo.
Il pavimento è in maioliche di Vietri del XVIII secolo.
Palazzo Colonna | Appartamento della Principessa Isabelle
In uno dei palazzi patrizi più maestosi del mondo, dove si apre una galleria che non ha nulla da invidiare ai grandiosi saloni di Versailles, i Principi Colonna conservano l’ appartamento della Principessa Isabelle esattamente com’ era quando lei era ancora in vita.
Qui è possibile ritrovare la stessa atmosfera raccolta, la stessa cura nei dettagli e l’ attenzione a non spostare le foto di famiglia, accanto alla celebre collezione che raccoglie ben trentasette vedute di Vanvitelli.
E non è l’ unico primato di questi ambienti, che si trovano nel piano terreno del palazzo sorto sulle fondamenta dell’ antico Tempio di Serapide.
Una delle poche tracce del santuario romano è un coccodrillo in porfido, che accoglie il visitatore all’ inizio di quella sequenza di saloni dove si sono alternati celebri artisti come il Pinturicchio, il Pomarancio e il Cavalier Tempesta.
Il pavimento dell’ appartamento è solo in parte quello antico “ alla veneziana “, visibile nella Sala della Fontana; in tutti gli altri saloni, infatti, la Principessa ha sostituito il rivestimento tradizionale con il lucente marmo orientale, ispirata forse dalle sue origini libanesi.
Isabelle Colonna, nata Sursock, famiglia di origine bizantina stabilitasi in Libano dal diciassettesimo secolo, si innamorò del Principe Marcantonio, che la portò in Italia, dove seppe inserirsi con successo nella società romana, all’ epoca alle prese con l’ ascesa di Mussolini.
“ Gran dama di corte, intelligente, colta, conservatrice nel senso più puro e coerente, dopo la caduta della monarchia si era trovata a sostituire Maria Josè come “ regina supplente “, offrendo ricevimenti regali, cui erano ammesse unicamente teste coronate e fra i borghesi soltanto finanzieri e banchieri, purché, ovviamente, non fossero divorziati “ ( così la ricorda Laura Laurenzi sul quotidiano la Repubblica del 18 novembre 1984, in occasione del suo funerale ).
Negli ultimi anni di vita il suo appartamento si era trasformato in uno scrigno di tesori, che amava mostrare soltanto agli amici più intimi.
Al muro ancora è visibile il baldacchino con il simbolo di famiglia, al centro delle stanze si trova la consolle in legno dorato dove Turchi incatenati ricordano la celebre battaglia di Lepanto del 1571, con cui Marcantonio Colonna fermò la minaccia dell’ invasione musulmana.
Uno dei pezzi più rari è l’ orologio notturno dipinto, custodito tra due bauli all’antica nella Sala della Fontana: all’ interno un meccanismo silenzioso muove i numeri retro-illuminati da una candela.
Poco più in là, uno strano divanetto doppio, che gli esperti chiamano “confidenza“, ricorda i numerosi incontri che devono essersi consumati tra queste mura per oltre seicento anni.
In questi salotti aleggia ancora la presenza di altre due celebri donne di famiglia: Maria Mancini, di cui è conservato il ritratto ad opera di Simon Vouet, pittore alla corte di Luigi XIV di Francia, e Olimpia Pamphilj, evocata dalle colombe col ramo d’ ulivo dipinte sui soffitti dei primi saloni dell’ appartamento.
La prima, nipote del potente Cardinale Mazzarino, raccontò nei suoi diari le disavventure della sua infelice relazione con Lorenzo Onofrio Colonna, da cui era fuggita.
Per ottenere il suo rientro a Roma, lui le chiuse le porte di tutti i salotti d’ Europa. Triste epilogo di una relazione iniziata sotto i migliori auspici, come dimostra il soffitto dipinto da Giacinto Gimignani, in cui si assiste all’ incontro tra una colonna antica e una coppia di pesci, simbolo araldico dei Mancini.
Eppure per un certo periodo Lorenzo Onofrio e Maria devono essere stati felici: Maratta e Dughet li hanno addirittura ritratti nelle vesti di Venere e Paride, come forse spesso si erano mostrati nei famosi balli in costume che amavano organizzare.
Nella parete accanto al loro doppio ritratto “ in costume “, Jan Brueghel il Vecchio ha lasciato nove piccoli paesaggi fantastici ,dipinti su rame per far risaltare il calore dei rossi e il nitore cristallino degli azzurri.
Solo un altro dei tanti tesori nascosti in questa dimora, che rivela come spesso si possa convivere tranquillamente a contatto con assoluti capolavori.
Dal libro di COSTANTINO D’ORAZIO “Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti di Roma" - Palombi Editore – 2010
Palazzo Colonna | La Storia
Palazzo Colonna | L'insediamento medievale
Fin dal XII secolo si hanno notizie di un palazzo e di un castello dei Colonna nell'area dove si trova quello attuale, insieme ad altri edifici sempre della famiglia in prossimità di esso; il complesso di abitazioni che vi sorgeva, raccolte intorno alla basilica dei Santi XII Apostoli, era il fulcro di una estesa area di proprietà della famiglia che si estendeva dal Quirinale fino al Monte Acceptorium (Montecitorio) e che tra l'altro includeva la limitrofa area dove sorge il palazzo Odescalchi, e l'area dove sorge tuttora il palazzo Sciarra.
Sullo stesso luogo ne era testimoniata la presenza della corte di Alberico di Roma Princeps atque Senator omnium Romanorum sin dal secolo X.
Il corpo principale del palazzo, già fatto abbattere da papa Bonifacio VIII, venne presto riedificato e già dal XIV secolo ospitò personalità illustri, come l'imperatore Ludovico il Bavaro e Castruccio Castracani, (1328) e poi Francesco Petrarca, amico della famiglia, quando nel 1341 venne incoronato poeta in Campidoglio.
Con il tribuno del popolo Cola di Rienzo restauratore della repubblica a Roma nel 1347, nemico dei nobili e soprattutto dei Colonna, questi furono scacciati dalla città e si rifugiarono nei palazzi della famiglia a Marino.
Dopo la caduta del regime di quest'ultimo, quando Cola nel 1354 fu ucciso da un popolano in Campidoglio mentre tentava la fuga, il cadavere venne trascinato fino al palazzo e lì appeso per due giorni e una notte.
Palazzo Colonna nel XV e XVI secolo
Al principio del secolo XV Giordano Colonna, signore di Genazzano, poi principe di Salerno dal 1419, fratello maggiore del futuro papa Martino V, abitava il palazzo prospiciente la piazza dell'Olmo, odierna Piazza della Pilotta; questo edificio non pare identificabile con quello ritratto da Maarten van Heemskerck (1534-1536), noto sin dal secolo XIV come Loggia dei Colonnesi inglobato poi nel palazzo detto “dell'olmo” e demolito nel 1926 per fare posto alla Pontificia Università Gregoriana e dove visse per alcuni anni Ferdinando Gonzaga come affittuario della nobile famiglia.
Questo palazzo altrimenti detto palazzetto, che almeno dal secolo XVII venne normalmente affittato a cardinali, sarebbe stato inglobato insieme a quanto rimaneva delle rovine dette "anticaglie" del probabile tempio del Sole o del tempio di Serapide nel "Casino nuovo", secondo un progetto mai realizzato visibile nella veduta del giardino Colonna di Giuseppe Vasi della metà del secolo XVIII; il palazzo era altresì contraddistinto dal n. 258 nella contemporanea pianta di Giovanni Battista Nolli come "Palazzo e giardino del Connestabile Colonna con Ruine antiche".
Alle spalle dell'edificio verso il Quirinale era addossata la Torre Mesa definitivamente abbattuta nel 1574.
L'edificio dove risiedeva Giordano con il nipote Antonio e i loro congiunti del ramo di Genazzano era verosimilmente quello detto, a partire dal XV secolo, "del vaso" posto anch'esso in prossimità della piazza e della via della Pilotta anticamente nota come via Biberatica alle spalle e sul lato sinistro della basilica dei Santi Apostoli.
Questo edificio, a detta di Pasquale Adinolfi, era quello più antico e pervenuto ai Colonna dai conti di Tuscolo, che successivamente fu ampliato fino alla piazza dei Santi Apostoli sul lato sinistro della basilica omonima per opera dei Della Rovere, a cui pervenne nella seconda metà del secolo XV.
Adiacente alla basilica dei Santi Apostoli sul lato destro, risultava essere almeno sin dal secolo XIII un altro edificio della famiglia destinato a residenza dei suoi cardinali, dove visse lo stesso cardinale Oddone futuro papa Martino V, e che dopo la sua morte passò temporaneamente ad altri proprietari tra cui il Cardinale Bessarione che ampliò l'edificio adiacente al lato sinistro della basilica includendo i resti dell'antica chiesa di Sant'Andrea de Biberatica, che doveva sorgere nell'area dell'attuale 2° cortile del palazzo, e i parenti di papa Sisto IV, tra cui Giuliano della Rovere poi papa Giulio II che vi fece costruire la palazzina omonima con affreschi del Pinturicchio, tornando nelle mani dei Colonna nel 1517 con bolla di papa Leone X.
In questo edificio vennero praticati dei passaggi con la basilica adiacente in modo da consentire ai componenti della famiglia di assistere da apposite tribune ancora visibili, alle celebrazioni senza uscire dal palazzo.
Oddone Colonna, eletto papa nel 1417 come Martino V, fu il pontefice che mise fine alla cattività avignonese riportando la sede pontificia a Roma, città che trovò in condizioni disastrose: "lurida ed abbandonata" come scrisse il Platina.
Risistemò, oltre alla città, il palazzo Colonna che fu sua dimora fino alla sua morte nel 1431.
Nel 1527 ospitò durante il Sacco di Roma Isabella d'Este, marchesana di Mantova, e grazie all'illustre presenza (era ella infatti madre di Ferrante I Gonzaga uno dei comandanti dell'esercito dei lanzichenecchi) il palazzo fu l'unico in tutta la città ad essere risparmiato al saccheggio, anche se le più di duemila persone che vi avevano trovato rifugio furono comunque catturate e sottoposte al pagamento di un riscatto per riottenere la libertà.
Quello che doveva essere il cosiddetto palazzo "dell'olmo", come mostra la rappresentazione di Maarten van Heemskerck, ancora nel 1535 insisteva sulle rovine dei templi imperiali (presumibilmente il Serapeo del Quirinale).
Nel XVI secolo i Colonna tornarono quindi in possesso dei palazzi Riario e Della Rovere, che già erano stati di loro proprietà sin dal medio evo e a queste ultime famiglie pervenuti a seguito dell'ostilità dei papi Eugenio IV e Sisto IV; e agli inizi del Seicento nella zona si contano sei palazzi dei Colonna.
Il palazzo Colonna della Rovere, già detto del Vaso, dopo il suo probabile temporaneo abbandono successivamente ai saccheggi e agli incendi subiti nella prima metà del secolo e sulla cui struttura prima Pietro Riario e poi Giuliano della Rovere vi costruirono un nuovo edificio, dovette definitivamente essere ceduto dal cardinale Ascanio ai Frati minori conventuali, i quali già a metà XV secolo lamentavano l'impossibilità di poter costruire un loro monastero per essere la basilica circondata dalle proprietà dei Colonna, per volontà di Sisto V nel 1589 ad un prezzo di molto inferiore al suo valore, divenendo la sede del Ministro e della Curia generale dell'ordine.
Palazzo Colonna | La ristrutturazione del XVII secolo e il palazzo barocco
Per volontà del cardinale Girolamo Colonna, figlio del connestabile Filippo e di Lucrezia Tomacelli-Cybo, nel 1649 si incominciò un ambizioso progetto di ristrutturazione e accorpamento dei vari corpi di fabbrica in un unico grande complesso architettonico.
Nell'ambito di questi lavori, la Sala Grande e il salone Turco furono dipinti e decorati da Giacinto Brandi e da Giovanni Battista Magni detto il Modanino.
I lavori vengono diretti inizialmente da Antonio Del Grande, e alla morte di questi (1671) da Girolamo Fontana.
Il progetto continuò anche sotto il Gran Connestabile Lorenzo Onofrio, nipote del cardinale e Filippo II fino al 1714.
Nel 1730 il figlio di Filippo II, Fabrizio IV commissiona nuovi lavori a Nicola Michetti, al quale si deve anche il prospetto sulla piazza Santi Apostoli.
La seconda galleria con la sala ovale, detta "rustica" (poiché rimasta incompiuta nella sua decorazione interna) su via della Pilotta, assieme a due dei 4 eleganti archi cavalcavia che collegano il palazzo al giardino della villa Colonna e alla facciata del palazzo vero e proprio, al di là della cortina sulla piazza, fu fatta edificare dal cardinale Girolamo II fra il 1757 e il 1764 a opera dell'architetto senese Paolo Posi.
Nella seconda metà del secolo XVII Lorenzo Onofrio I Colonna e sua moglie Maria Mancini furono tra i principali promotori di opere e rappresentazioni teatrali nella città.
Nel teatro del palazzo, già esistente nel 1610 quando se ne occupò Girolamo Rainaldi, nel 1668 avviene la prima assoluta di Il girello di Jacopo Melani a cui seguì nel 1676 la prima assoluta di La donna ancora è fedele di Bernardo Pasquini che vi rappresentò altre delle sue opere.
Nel 1681 Carlo Fontana realizzò un nuovo teatro nel piano terra dell'edificio adiacente alla basilica dei Santi Apostoli.
Girolamo Colonna fece inoltre costruire l'ala più famosa del palazzo, la Galleria Colonna, iniziata sempre da Antonio Del Grande nel 1654, ripresa da Girolamo Fontana nel 1693 e inaugurata dal connestabile Filippo II nel 1703, destinata ad ospitare la ricca collezione di famiglia cominciata da Filippo I, che specialmente nei dipinti sarà una delle più importanti nella città.
Per aiutare lo Stato Pontificio a far fronte alle gravose imposizioni previste dal Trattato di Tolentino, i Colonna furono costretti a vendere oltre a gran parte dei gioielli e dell'argenteria della famiglia, alcune delle opere tra le più importanti (Raffaello, Tiziano, Veronese, Correggio, Reni, Guercino), solo in parte sostituite con acquisizioni successive.
Nel 1802 Carlo Emanuele IV, re di Sardegna, dalle sale di palazzo Colonna abdicò al trono a favore di Vittorio Emanuele I.
Il palazzo conserva comunque tutta la suggestione di una dimora patrizia romana dell'età barocca; oltre alla splendida volta della galleria, affrescata da Giovanni Coli e Filippo Gherardi, diversi ambienti sono decorati da Giuseppe Bartolomeo Chiari, Benedetto Luti, Pompeo Batoni.
Il museo ospita dipinti di artisti quali Agnolo Bronzino, Annibale Carracci, Cosmè Tura, Francesco Albani, Pietro da Cortona, Guercino, Mattia Preti, Tintoretto e Paolo Veronese.
Nel salone della Galleria vennero girate le scene dell'ultima sequenza del film Vacanze romane.