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Batterie Di Punta Rossa
Batterie Di Punta Rossa
Batterie Di Punta Rossa
Batterie Di Punta Rossa
San felice Circeo
Spiaggia della Bufalara, Sabaudia
Batterie Di Punta RossaBatterie Di Punta RossaBatterie Di Punta RossaBatterie Di Punta RossaSan felice CirceoSpiaggia della Bufalara, Sabaudia
Contact Information
Indirizzo:
Via delle Batterie, 04017 San Felice Circeo LT
Descrizione:

Batterie Di Punta Rossa: l'anima selvaggia del Circeo

Le Batterie di Punta Rossa (San Felice Circeo) sono un tratto di scogliera del Promontorio del Circeo, con alcune bellissime calette dove fare il bagno in un’acqua trasparente e color smeraldo.

Nei weekend di luglio ed agosto le calette di Batterie Di Punta Rossa al Circeo sono di solito affollate, ma non è sempre così durante la settimana.

In ogni caso, quando le spiaggette di ciottoli sono troppo frequentate si possono trovare zone appartate sugli scogli, dove si può scendere agevolmente al mare, oppure tuffarsi.

Batterie Di Punta Rossa - Circeo
Batterie Di Punta Rossa - Circeo

Le calette di Batterie Di Punta Rossa al Circeo

Chi ama le spiagge selvagge, qui si sente perfettamente a proprio agio, anche se non mancano spazi più confortevoli ricoperti di ciottoli.

Chi vuole esibirsi in un gesto atletico può sfidare gli amici in una gara di tuffi, approfittando anche delle spianate in cemento.

Le Batterie di Punta Rossa al Circeo incanta per le sfumature smeraldine del suo mare: un motivo più che valido per visitare questa spiaggia, povera di servizi ma con fascino da vendere.

Assolutamente da visitare la caletta che si trova sotto al Fortino Napoleonico (che purtroppo è in stato di abbandono), perfetta quando il mare è mosso e tuffarsi non è l’idea migliore.

È una piccolissima lingua di mare protetta dalle rocce che finiscono con una spiaggetta di ghiaia bianca e ciottoli.

L’acqua è bassa e chiarissima. Si raggiunge seguendo il sentiero 757 C del Parco Nazionale del Circeo.

Poco più in là, in direzione dell’hotel Punta Rossa, c’è una cala più ampia con ciottoli grandi e tondi.

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Come raggiungere le calette di Batterie Di Punta Rossa al Circeo

Si parcheggia davanti all’Hotel Punta Rossa (in via del Faro) e si prosegue a piedi andando dritti e superando il cancello (sempre aperto) di una strada privata.

A sinistra, dopo pochi metri, c’è una discesa stretta asfaltata. Imboccatela.

Proseguite fino ad un piccolo cancello da cui inizia il sentiero che porta al mare. Terminato il sentiero, sul lato sinistro troverete una discesa cementata mista a scogliera.

A destra c’è invece l’ampia caletta con i ciottoli bianchi che è anche un posto perfetto per fare snorkeling al Circeo.

 

LA MIA OASI, UNA VITA PER PUNTA ROSSA di Alessandra Venuti Battaglia

Batterie Di Punta Rossa 2

La mia oasi è un appassionante libro di memorie che racconta una vita intera, legata a doppio nodo con quella di un posto estremo, allora selvaggio ed inaccessibile, del Promontorio del Circeo: Le Batterie (che la scrittrice stessa chiamò per la prima volta Punta Rossa) al Circeo

Se amate il Circeo dovreste leggerlo perchè rivela l'origine di quel posto dove ora amate andare a tuffarvi appena possibile.

Alessandra Venuti Battaglia, non è solo l’autrice del libro, è la donna che letteralmente creò l'oasi che ora tutti conosciamo.

Era una donna della Roma bene che aveva passato buona parte dell’infanzia tra San Felice Circeo e Terracina.

Ci era tornata poi da adulta, negli anni ’20, ed ha fatto di questo posto prima la sua oasi personale, poi un’oasi da condividere con gli amici e con chiunque avesse voglia e bisogno di lasciarsi scaldare dal sole caldo del Circeo.

All’epoca il Monte Circeo, escluso il centro storico di San Felice, era un posto inesplorato.

Un sentiero stretto portava dal Faro alle Batterie di Punta Rossa al Circeo.

Era il sentiero della Torraccia, battuto dai soldati del Fortino nel ‘700 (il Forte Napoleonico delle Batterie di Punta Rossa al Circeo) e da quelli che facevano da vedetta sulla Torre Moresca ancora più su.

I sanfeliciani, che storicamente temevano il mare come la peste, stavano ben lontani dalle zone selvagge di Quarto Caldo (il quarto del Monte Circeo esposto al sole e bagnato dal mare), dove raccoglievano timorosi le fascine per cucinare e riscaldarsi, stando bene attenti ad impadronirsi solo dei rami già caduti.

Tutto il Promontorio del Circeo faceva parte dei possedimenti del Barone Aguet che usava il bastone con i popolani che osavano tagliare la legna dagli alberi o cacciare sulle sue terre.

Nessuno aveva esplorato per pura curiosità e piacere la profondità delle sue grotte.

Nessuno si tuffava nelle acque verdi dalle scogliere e prendeva il sole nelle calette bianche ed assolate.

La prima a farlo fu questa donna, un po’ borghese e un po’ selvaggia, che era cresciuta con il padre praticando la pesca sportiva nella Riviera di Ulisse e la caccia nelle zone paludose della Selva di Terracina.

Prima della Bonifica di Mussolini ci vivevano i lestraioli, popolazioni primitive che durante parte dell’anno (ed in pochi casi stabilmente) abitava nella palude prima dell’avvento della bonifica integrale dormendo in capanne di rami nel bosco, allevando maiali selvatici e bufale. Guidati dal Capataz, una sorta di capo tribù, avevano quasi tutti la malaria ed i bambini la pancia gonfia ed il corpo magro.

Nel ’26 su una punta di creta rossa delle Batterie aveva costruito una casa prefabbricata che assomigliava ad una baracca, senza luce e senza acqua, con il tetto di lamiere.

E da questa “casa di latta”, accessibile solo attraverso uno stretto sentiero lungo circa 3 km, aveva iniziato a bonificare il terreno, a crescere margherite ed a domare i ginepri.

Con qualche carica di tritolo aveva esploso le rocce aguzze che limitavano l’accesso alla baia di sassi poco più sotto, creando la sua personale spiaggia paradisiaca.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, quando il passaggio era interdetto e San Felice Circeo occupato da i tedeschi, si era rifugiata qui con la figlia e la cuoca, trovando un’oasi di pace lontana dalla guerra.

Che però non era tanto lontana, perché i suoi echi arrivavano sotto forma di scatolette di cibo alla deriva provenienti dalle navi affondate e di corpi annegati che andavano ad incagliarsi tra le rocce del Circeo.

I panni si lavavano a Vasca Moresca, un ex abbeveratoio, o nelle cisterne romane, e si stendevano al sole nei prati.

La pesca si faceva ancora con le bombe o con il fucile ed il mare era ricco di ricci (che ora sono quasi del tutto scomparsi) e di pesci.

L’acqua arrivava dal paese sul groppone dell’asino Oreste e gli spaghetti si facevano a mano, sul tavolaccio di fronte al mare.

Il sogno di un’oasi meravigliosa è cresciuto nel tempo.

E’ nata una strada al posto del sentiero e la casa di latta è diventata una casa vera, con un pozzo con l’acqua dolce.

Nel tempo il sogno si è trasformato e senza un piano prestabilito, Punta Rossa è diventata un’oasi di bungalow in stile andaluso per offrire anche agli amici un posto al sole.

Negli anni 60 non è stato immune dalla febbre del mattone ed è diventato un hotel in piena regola, lo stesso che è oggi, un albergo che ha ospitato vip ed emiri e che però non è come gli altri hotel.

Ogni stanza è diversa perché costruita con materiali recuperati e senza un piano.

E nel giardino, che è il più bello della zona, ci sono ancora le piante rare che Alessandra aveva riportato dai suoi viaggi in Brasile ed in Africa e le figlie di quelle margherite, piantate con tanta fatica in un terreno roccioso arso dal sole.

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