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L’Area Archeologica delle Stimmate, la piĂ¹ antica e piĂ¹ sacra della cittĂ di Velletri, si presenta dopo anni di scavi con uno spazio espositivo coperto.
Tutto il sito dell'Area Archeologica delle Stimmate a Velletri è stato racchiuso dentro una bella struttura architettonica in legno, metallo e vetro.
Moltissime persone l’hanno visitato e sono rimaste affascinate da come un luogo, ormai ridotto a rudere, possa aver fatto riemergere dalle sue macerie uno spaccato della storia veliterna dall’età del ferro fino ai giorni nostri.
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Area Archeologica delle Stimmate - Velletri
Grazie al lavoro instancabile degli archeologi, all’impegno dell’amministrazione comunale e alla collaborazione del Gruppo Archeologico Veliterno, oggi possiamo leggere questo libro di storia che narra come la nostra città , da un antico villaggio dell’Età del Ferro, si sia trasformata, col passare dei secoli, in una città romana ai tempi dei re Tarquini, per poi essere conquistata dai volsci.
Dopo la sconfitta della Lega Latina da parte di Roma, di cui facevano parte Volsci, Latini e Aurunci, nel 338 a.C. VELITRAE (Velletri) subì ulteriori cambiamenti fino a diventare una colonia romana.
Il sito archeologico delle STIMMATE racconta, attraverso il ritrovamento dei suoi reperti, i vari momenti di questa lunga storia.
Nell’EtĂ del Ferro la popolazione si riuniva intorno ad una capanna di culto, fatta semplicemente di legno e paglia (IX-VIII sec. a.C.), le cui tracce sono evidenti nello strato piĂ¹ profondo del sito.
Nel VII-VI a.C. la capanna diventĂ² probabilmente un edificio templare costituito da un’unica cella in conci di tufo e in una successiva fase, ovvero nel periodo di Tarquinio il Superbo (intorno al 530 a.C.), un tempio ad alae, con dimensioni quasi doppie rispetto al precedente, con acroterio centrale costituito da due volute, acroteri laterali con sfingi, antefisse a testa femminile alternate a gocciolatoi a testa leonina e lastre decorative di terracotta lungo i lati lunghi e sui rampicanti.
Il tempio nell'area archeologica delle Stimmate è del 530 a.C., di tipo etrusco – italico.
Dopo il 338 a.C. il tempio subì una parziale distruzione e un livellamento degli strati, con la dispersione dei doni votivi, quasi ad esprimere una volontà di porre fine ad un passato che non doveva aver niente in comune con la nuova dominazione romana.
Ma da che cosa si deduce che l'Area Archeologica delle Stimmate - attraverso i secoli - avesse ricoperta questa sua funzione sacra?
Nel 1784, nell'ambito di lavori nella chiesa delle SS. Stimmate di San Francesco (Area Archeologica delle Stimmate), venne rinvenuta scavando la nota lamina bronzea di Velletri, di fabbricazione volsca, e 16 lastre di rivestimento, di provenienza etrusca, appartenenti ad un tempio etrusco-italico del VI secolo a.C.
Tutto il materiale è conservato al Museo Nazionale Archeologico di Napoli.
Il ritrovamento degli ex-voto anatomici in terracotta, dei vasi piĂ¹ o meno grandi di periodi diversi e la presenza di depositi votivi ci fanno pensare che questa area, che si affaccia dall’alto sulla Pianura Pontina e spazia fino al mare, avesse un rapporto privilegiato con la natura circostante e che il rapporto tra la divinitĂ e l’uomo assumesse qui una grande spiritualitĂ .
Il sito non fu mai abbandonato e, in epoche successive, fino ad arrivare ai giorni nostri, sullo stesso luogo del tempio etrusco – italico, frequentato fino alla prima età imperiale, fu costruita, forse per cancellare ogni traccia di paganesimo, la chiesa delle Santissime Stimmate di S. Francesco, che, ampliata nel XV^ sec., fu dedicata nel 1602 alla Madonna della Neve.
Proprio durante i restaurai della chiesa e i lavori di ristrutturazione dell’oratorio attiguo alla chiesa, effettuati nel 1784, fu rinvenuto un gruppo di lastre di terracotta insieme ad altre terrecotte architettoniche appartenenti ad un tempio tardo – arcaico e confluite nella grande collezione del Cardinale Stefano Borgia.
La bellezza e la maestria nella lavorazione di questi elementi decorativi di stile etrusco, fanno pensare che ci sia stato un tempo, cioè l’ultimo periodo della monarchia dei Tarquini a Roma, in cui il tempio si affacciava con tutta la sua bellezza sulla pianura sottostante, come un invito della divinità ai suoi fedeli.
Per finire questa storia, lunga quasi tre mila anni, possiamo dire che la chiesa, ancora consacrata nel 1917, ma poi divenuta un rudere, stava quasi per esser venduta, finchĂ© provvidenzialmente sono sopraggiunti il blocco della Soprintendenza per i Beni Culturali del Lazio e l’acquisizione dell’area da parte dell’Amministrazione Comunale e alla fine degli anni ‘80 sono cominciate le prime campagne di scavo, seguite da altre che hanno restituito alla cittĂ uno dei suoi siti archeologici piĂ¹ importanti.
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