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Indirizzo:
Via S. Angelo, 60, 04020 Itri LT Itri (LT), Borghi e paesini, Vicino Roma
Descrizione:

Il paese di Itri in provincia di Latina, pittoresco borgo di antiche origini, è costituito da due nuclei primari: il primo si sviluppa lungo la romana Via Appia, mentre l’altro è arroccato sopra un colle attorno ad un poderoso castello costruito tra il X e l’XI secolo.

Ad un paio di ore da Roma, scendendo verso la riviera di Ulisse, Itri è uno di quei borghi medievali che dovreste visitare almeno una volta.

Il nome del paese deriva probabilmente dal termine latino iter (gen. itineris) ("via, cammino"), evidentemente legato al tracciato della Via Appia che collegava Roma a Napoli.

Per accedere alla parte alta di Itri si possono percorrere strette scalinate che costituiscono uno degli elementi più tipici dell’antica struttura urbana del paese.

Fuochi San_Giuseppe - Itri (LT)
Fuochi San_Giuseppe - Itri (LT)

Itri (LT) | Tradizioni e Folklore

Il programma dei festeggiamenti in onore di Maria SS.ma della Civita coinvolge tutto il paese ogni anno a Luglio, e ogni 25 aprile avviene un pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Civita contro la siccità, ma sicuramente l'evento più caratteristico a cui potrete assistere ad Itri sono i fuochi di San Giuseppe (Marzo).

Una serata magica durante la quale vengono accesi nei diversi rioni del paese immensi falò per celebrare l’arrivo della primavera.

Quella notte in tutto il paese risuonano canzoni popolari, danze, balli e degustazione di prodotti tipici locali come le zeppole fritte itrane, la salsiccia Itrana, l'oliva d'Itri, conosciuta come oliva di Gaeta, le bruschette con olio itrano, il formaggio marzolino e altri prodotti locali.

I fuochi di San Giuseppe sono la più antica delle tradizioni itrane e le sue origini si perdono nei secoli.

Nella tradizione si fondono aspetti del paganesimo con quelli della religiosità cristiana: al ringraziamento di san Giuseppe, infatti, si unisce il rito arcaico del fuoco "purificatore", che pur non avendo nessun rapporto con la vita del santo, è stato sincretisticamente associato alla sua festa in quanto coincidente con la fine dell'inverno e l'inizio della primavera.

Era usanza dei falegnami del borgo ripulire le botteghe ed i magazzini dagli scarti della lavorazione ed allestire i falò, nei secoli passati di minori dimensioni, ma sicuramente molto numerosi, anche in onore del santo loro patrono e protettore. Sulla cima di ogni fuoco veniva e viene tuttora posto un manichino fatto con stracci vecchi (màmmuòcc') simboleggiante l'inverno terminato.

Itri offre una pregevole varietà di pietanze custodite nella tradizione  per gli amanti della cucina.

I buongustai non mancheranno di apprezzare i prodotti tipici locali come l’olio e le olive della tradizione “cultivar itrana”, la mozzarella di bufala, il marzolino e la salsiccia itrana.

Le olive, famose in tutto il mondo come olive di Gaeta, sono colte nei tempi che la sapienza locale ben conosce e vengono poste in una salamoia dosata secondo antichi principi da cui escono pronte per la tavola.

Sulle tavole dei ristoranti locali vengono servite in scodelle di coccio che mettono ancora più in mostra il loro colore tipico che è violaceo e a volte quasi beige e costituiscono un alimento che accompagna tutto il pranzo, dall’aperitivo fino ai formaggi.

Sempre dall’oliva tipica si produce un olio denso e profumato, basso in acidità e di grande qualità che ha meritato numerosi e prestigiosi premi nazionali.

I formaggi tipici della zona sono fatti con produzioni stagionali e tra i molti prodotti spicca il cacio marzolino, prodotto con il latte di marzo della pecore e delle capre e assemblato in tipiche formine.

Esso viene consumato fresco o salato anche ricoperto all’esterno con erbette fresche delle montagne o con peperoncino o messo sott’olio.

Tra gli alimenti si può apprezzare anche un legume tipico della cucina povera di un tempo: la Cicerchia.

Simile al fagiolo nella forma con un sapore particolare tra i fagioli e i ceci, accompagnata dalla cicoria selvatica e dal broccoletto locale, condita con il buonissimo olio rappresenta una dei piatti tipici più saporiti.

La bontà dei prodotti, presente nei caratteristici ristoranti della zona, è anche la protagonista di eventi e manifestazioni che si tengono annualmente sul territorio e che deliziano i cittadini e i visitatori.

È il caso delle Zeppole di San Giuseppe, condite con zucchero, asparagi o olive, e del Cinghiale in umido che si può degustare durante l’annuale sagra oppure nei numerosi ristoranti del paese.

Altri piatti tipici della tradizione itrana sono cicoria e fagioli, la zuppa di uova e cipollepasta con pomodoro e olive e la buonissima Tiella di Gaeta, farcita con polipo, alici, scarola e baccalà o ortaggi locali.

Tra i vini spicca il Cecubo (Abbuoto), un vino tipico della tradizione del territorio e legato ad origini antichissime, tanto che il poeta Orazio nell’Ode I,37 lo cita per invitare gli amici a festeggiare, danzare e a bere in occasione della morte di Cleopatra.

Infine, per un pasto veloce consigliatissimi sono i panini farciti venduti durante il giorno negli alimentari locali e la pizza al taglio.

Castello di Itri (LT)
Castello di Itri (LT)

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Che cosa vedere a Itri (LT) | Monumenti e luoghi d'interesse

Itri (LT) | Architetture religiose

Convento di San Francesco

Il convento di San Francesco (1324) (uno dei primi nati nella diocesi di Gaeta) con la chiesa di San Francesco furono fondati dal conte di Fondi Onorato I Caetani.

Collocato nella parte bassa della città si trovava nelle immediate vicinanze della chiesa della Vergine Annunziata (datata 1363, ricostruita dopo i bombardamenti e oggi intitolata a Santa Maria Maggiore).

Nell'edificio era presente un oratorio dedicato a San Giovanni Battista ed i confratelli vi avevano diritto di sepoltura.

Sappiamo dallo statuto itrano, risalente al '400 che Onorato II Caetani, conte di Fondi vi dimorò per un certo periodo a partire dell'anno 1487.

Secondo una visita pastorale del 1722, la chiesa era dotata di tre altari: altare maggiore con l'immagine del santo; due altari laterali, del Crocifisso e della Natività di Gesù Cristo. Sembra che sull'altare maggiore si trovasse il dipinto di Cristoforo Scacco Madonna in trono col Bambino tra i santi Francesco e Giovanni Battista, oggi al museo di Capodimonte.

Quello che è rimasto della chiesa e del convento è stato trasformato in abitazioni civili e oggi resta soltanto un affresco conservato in un edificio nella centrale Piazza Incoronazione.

Inoltre, dal convento di San Francesco provengono le due colonne dell'altare del Santuario della Madonna della Civita, così come il lavabo che si trova in sagrestia.

Monastero di San Martino

In origine fuori dall'abitato (presso San Martino in Pagnano), il monastero era stato abbandonato in conseguenza delle leggi di soppressione delle corporazioni religiose nel regno d'Italia, essendo venuto meno il numero legale delle monache.

In realtà l'edificio, occupato dalle Suore del Preziosissimo Sangue, era in uno stato di decadimento.

Successivamente il monastero benedettino di San Martino, fu ricostruito all'interno delle mura.

Distrutto anch'esso dai bombardamenti del 1944, è stato quindi ricostruito.

San Michele Arcangelo

La chiesa di San Michele Arcangelo, nella parte alta, risale all'XI secolo ed è l'edificio sacro più antico di Itri.

A tre navate, l'edificio è in stile arabo-normanno ed ha la caratteristica di avere il campanile quadrato, ornato da piatti in maiolica colorati, addossato alla chiesa, in corrispondenza dell'entrata principale, anziché posto di lato.

Si articola in quattro piani, dal portale di accesso alla chiesa, a due bifore e una trifora, con coronamento a cuspide.

Al suo interno si può ammirare un affresco del XV secolo raffigurante la "Vergine con il Bambino" e la statua lignea di San Michele Arcangelo, posta in una nicchia dell'altare maggiore.

Santa Maria di Loreto

In origine su una collina fuori dal paese, ma ormai raggiunta dall'espansione dell'abitato, si trova la chiesa di Santa Maria di Loreto, con annesso convento dei Cappuccini (dal 1574), da cui deriva il nome "Cappuccini" attribuito alla zona.

Quando nel marzo del 1574 i Padri Cappuccini iniziarono ad utilizzare l'edificio, dapprima in proprietà, poi in enfiteusi (in seguito alla confisca dei beni della Chiesa), quest'ultimo si trovava in una posizione isolata.

Il convento fu abitato dai Cappuccini fino al 1897 e nel 1910/1911, a seguito dell'epidemia di colera che imperversò ad Itri, fu adibito a lazzaretto.

L'avvento dei Padri Passionisti è datato 30 marzo 1943, giorno in cui fu redatto e firmato un atto nel quale il comune d'Itri concedeva in donazione il Convento ai Passionisti.

L'opera di ricostruzione voluta dal Senatore Pietro Fedele, sposato ad Itri con Donna Tecla De Fabritiis, iniziò nel novembre del 1941 e fu ultimata dopo il conflitto bellico.

Nella chiesa di Santa Maria di Loreto è conservato, tra le altre opere, un dipinto di San Paolo della Croce (fondatore dei Passionisti), attribuito al pittore Sebastiano Conca (1676-1764).

Santa Maria Maggiore

Alla chiesa di Santa Maria Maggiore già della Santissima Annunziata si accede da un semplice ed ampio portico, di stile gotico, con tre archi ogivali e tre portali (che sono stati ricostruiti dopo le distruzioni della Seconda guerra mondiale), dei quali quello di mezzo, più grande, è anch'esso ogivale e risale al XIV secolo.
Le prime notizie, inerenti alla chiesa, risalgono al 26 marzo 1363, quando essa è ricordata nel testamento del conte di Fondi, Onorato I Caetani, che fece un lascito di 20 once.
Di stile romanico-laziale, è decorata esternamente con fasce di pietra bianca alternate a laterizio, con dei cornicioni posti al termine di ogni piano.
 Nel 1600 la chiesa era a tre navate: quella centrale era coperta a tettoia, con l'altare maggiore ed il coro coperto a volta.
In essa vi erano: l'organo, il pulpito, il fonte battesimale e il campanile con due campane.
Agli inizi del XVIII secolo essa fu ampliata ed ebbe radicali restauri.
La caratteristica principale del tempio era il soffitto a cassettoni, d'oro zecchino.
Quest'ultimo fu successivamente rimosso per un crollo, avvenuto nel 1829, e la chiesa fu rifatta in muratura.
Durante la seconda guerra mondiale l'edificio fu distrutto dai bombardamenti del 1944, ad eccezione del campanile duecentesco (recentemente restaurato).
Per evitarne la distruzione, vennero staccati alcuni affreschi ora conservati nella vicina chiesa di San Michele Arcangelo.
A seguito della distruzione, la chiesa della Santissima Annunziata (all'interno della quale si conserva un Busto argenteo della Madonna della Civita, proprietà del popolo di Itri che contribuì alla sua realizzazione con una questua) fu anche rinominata chiesa di Santa Maria Maggiore.

Ad oggi, dunque, l'edificio denominato Santa Maria Maggiore si trova in Piazza Annunziata.

L'interno della chiesa è a tre navate: nel lato destro vi è la cappella del Crocefisso con altare in marmo intarsiato, nel cui paliotto sono scolpite le Anime del Purgatorio, mentre sopra il Fastigio vi è raffigurata la Sacra Sindone.

Quest'opera può riportarsi al XVIII secolo.

Nella medesima cappella la volta è decorata a stucco, con alcuni angeli reggenti gli emblemi della Passione.

Alcuni sostengono che l'opera fu realizzata nel 1827, per volere del pontefice Leone XII, ma essa risale al secolo XVI o, al più tardi, al XVII secolo.

Nell'altare della navata sinistra riposa il corpo di San Costanzo martire, i cui resti sono ricoperti da vesti ricamate.

Una tela molto interessante, raffigurante la «Predica di San Tommaso d'Aquino davanti al Papa ed a un re» (forse Carlo I d'Angiò), era nella predella della cappella della navata sinistra.

Santuario della Madonna della Civita

Nel territorio di Itri si trova il santuario della Madonna della Civita in cui si venera un antichissimo quadro raffigurante una Madonna nera con Bambino denominata Madonna della Civita.

santuario della madonna della civita - Itri (LT)
santuario della madonna della civita - Itri (LT)

Itri (LT) | Architetture militari

Il Castello

Il castello, possente fortezza medioevale, alta e maestosa, è collocato sulla parte più elevata della collina denominata Sant'Angelo.

Esso si articola intorno ad una torre pentagonale con piccola cinta merlata (attribuita al duca di Gaeta Docibile I nell'882).

Nel 950 il nipote di Docibile, Marino I, fece costruire una seconda torre quadrata più alta e maestosa della prima.

In seguito, il castello fu oggetto di nuovi lavori, con la costruzione della parte abitativa, del torrione cilindrico e del cammino di ronda (1250) che li unisce.

Il torrione cilindrico è anche detto "Torre del coccodrillo", in quanto secondo la leggenda in questa torre si trovava dell'acqua con uno di questi animali, al quale venivano dati in pasto i condannati a morte.

A questo complesso appartiene anche un fortilizio (la cavea) con tre piccole torrette cilindriche disposte ad un livello inferiore e visibili dall'entrata principale del castello: questa parte era adibita a luogo di ristoro per cavalli, servitù e gendarmi.

Dalla cavea si può vedere, grazie ad un cancelletto, il ghetto ebraico (vico Giudea) dove si trovava anche una piccola sinagoga, ormai scomparsa.

La parte del castello destinata ad abitazione si sviluppa su due piani, ciascuno diviso in tre sale.

Entrando, immediatamente a sinistra si presentano tre sale e, dalla seconda, si può accedere, grazie ad una scalinata, al piano inferiore.

Questo piano è costituito da tre vasti spazi destinati ad uso domestico, come lasciano supporre i resti del forno e della vasca utilizzata per conservare il cibo, ancora visibili nella stanza sulla sinistra.

Si può anche osservare l'antica cisterna dove erano raccolte le acque piovane.

Al secondo piano è possibile vedere i resti di quello che era un camino ed un affresco rappresentante Sant'Antonio abate e Madonna lattante con il Bambino.

In questo punto, infatti, fu fatta costruire dalla famiglia Caetani una cappella privata che fa pensare che la sala antistante fosse una camera da letto.

Secondo alcune leggende, sarebbe possibile sentire dei fantasmi lamentarsi nelle notti di temporale e, soprattutto, veder fluttuare dei mantelli lungo il cammino di ronda che collega il castello alla "Torre del Coccodrillo".

Salendo l'ultima rampa di scale della torre quadrata si accede a un'ampia terrazza da cui è possibile godere un vasto panorama.

Il castello ospitò anche Giulia Gonzaga, contessa di Fondi e donna famosa per aver accolto nella sua dimora artisti e letterati dell'epoca quali Vittoria Colonna, Marcantonio Flaminio, Vittore Soranzo, Francesco Maria Molza, Francesco Berni, il pittore Sebastiano del Piombo - che le fece il ritratto - Pier Paolo Vergerio, Pietro Carnesecchi, Juan de Valdés.

Danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, è stato acquistato dalla provincia di Latina nel 1979 per un prezzo simbolico dal dottor Francesco Saverio Ialongo e poi ceduto al comune d'Itri.

Una volta restaurato, il castello avrebbe dovuto ospitare il "Museo del brigantaggio".

Durante i lavori di restauro, in seguito ad una richiesta di fondi dalla Comunità Europea, il sindaco e la giunta itrana hanno ritenuto opportuna la collocazione del suddetto museo in una diversa zona del paese, località Madonna delle Grazie.

L'inaugurazione della prima parte restaurata del castello è avvenuta il 4 giugno 2003, il 14 settembre 2007 è stato aperto l'intero complesso.

Panorama dal castello di Itri (LT)
Panorama dal castello di Itri (LT)

Itri (LT) | Siti archeologici

Forte di Sant'Andrea e resti della Via Appia Antica - Il Tempio di Apollo[modifica | modifica wikitesto]

In direzione di Fondi, nella gola di Sant'Andrea, è stato rimesso in luce e valorizzato un tratto dell'antico percorso della via Appia Antica.

Qui, sui ruderi di una villa romana di età repubblicana (I secolo a.C.), sorgeva un forte che fu utilizzato da fra' Diavolo nella difesa contro i Francesi nel 1798.

Nella valle di Sant'Andrea si trova uno dei tratti più suggestivi e meglio conservati dell'Antica Appia lungo la via Francigena del sud.

Lungo i 3 km di percorso, ai lati della strada romana era presente una sorta di marciapiedi, tuttora visibile in alcuni tratti.

Il lato a valle dell'itinerario era terrazzato con imponenti mura costruite a opera poligonale e lungo la strada si possono ancora osservare ciò che rimane delle costruzioni di difesa dai briganti e dei posti di blocco borbonici.

All'incirca a metà del percorso la via è dominata dal forte di Sant'Andrea, edificato sui resti di un antico tempio dedicato ad Apollo e di cui sono a oggi visibili le cisterne a volta all'interno dei terrazzamenti.

La costruzione dell'edificio rispose all'esigenza di fortificare il passo, situato in una posizione strategica e delicata, in coincidenza con l'ingresso nel Regno di Napoli.

Nell'area si svolsero diverse battaglie, una fra più celebri riguardò lo scontro nel 1799, quando frà Diavolo impedì la penetrazione delle truppe napoleoniche nel Napoletano.

In età tardoantica sui ruderi del tempio fu edificata una cappella votata a Sant'Andrea Apostolo, da cui prende il nome il forte e la valle.

L'eccellente stato di conservazione di questo tratto dell'antico percorso romano, rende quest'area un vero e proprio museo a cielo aperto della tecnica stradale romana.

Itri (LT) | Altro da vedere

Fontana Gioacchino Murat, di pietra, originariamente in piazza dell'Annunziata, ora in piazza Armando Diaz.

Di forma circolare, a due vasche, si dice costruita tra il 1810 e il 1812 per volere di Gioacchino Murat, re di Napoli.

Monumento ai Caduti, in piazza Guglielmo Marconi, statua in bronzo di Edelweiss Frezzan (1962).

Arco della Pace, in piazza Sandro Pertini, monumento formato da un arco con fontana decorata da due rane; è opera dello scultore Peppino Quinto (1989).

Itri (LT)
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Itri (LT) | Aree naturali

  • Parco naturale dei Monti Aurunci
  • Monte Ruazzo
  • Le Rave Fosche, costituite da un rilievo ad est dell'abitato di Itri, raggiungibile a piedi dalla località Postacchio.

La caratteristica geolitica di questo monte è la presenza di formazioni calcare imponenti di colore bianco-grigiastro (Rave Fosche) e rossicce per l'alto contenuto in ossido di ferro (Rave Rosse).

Sono presenti anche caverne di particolare conformazione, tra cui la celebre Caverna di fra Diavolo, il brigante Michele Pezza.

Itri (LT) | La Storia

Il sito ebbe una frequentazione in epoca preistorica: sono stati rinvenuti resti di epoca neolitica (strumenti in pietra e in ossidiana) e dell'età del bronzo (Valle Oliva, II millennio a.C.).

Fece parte del territorio degli Aurunci, conquistato quindi dai Romani, che vi realizzarono la via Appia nel 312 a.C.

Il sito acquistò importanza come luogo strategico, tuttavia non si formò un nucleo abitato molto consistente, anche se è probabile la presenza di un piccolo centro, se non altro come stazione di posta.

Le fonti, in realtà, non fanno diretto riferimento ad alcuna città tra Fondi e Formia.

Un antico tracciato viario, di cui si sono ritrovati resti di basolato nella località Calvi, collegava il luogo all'attuale Sperlonga.

Le prime notizie di un centro abitato chiamato Itri risalgono al 914 (in un atto di vendita è citato uno "Stefano, itrano").
Tra il IX e l'XI secolo sorse il primo nucleo fortificato (castrum) sull'altura che controllava il passaggio della via Appia.
La presenza di un serpente sullo stemma cittadino ha dato origine alla leggenda, priva di qualsiasi fondamento, che la fondazione di Itri fosse opera degli abitanti della mitica città costiera di Amyclae (ricordata dalle fonti, ma mai identificata), fuggiti nell'interno per un'invasione di serpenti.
Secondo tale leggenda il nome Itri deriverebbe dalla figura mitologica dell'Idra di Lerna.

Il castrum di Itri fece parte del ducato di Gaeta e passò quindi nella contea di Fondi (ca. 1140), dominata prima dalla famiglia normanna Dell'Aquila, poi dai Caetani, passando in seguito sotto i Colonna, Gonzaga, Carafa, Mansfeld e Di Sangro. Appartenne sempre alla diocesi di Gaeta.

Un altro cento abitato fortificato, sorto a Campello (castrum Campelli), fu abbandonato alla metà del XV secolo.

L'abitato medievale di Itri sorse sul colle detto Sant'Angelo, che domina la Via Appia, dove si trovano il castello e la chiesa madre di S. Michele (città alta); si espanse solo in seguito nella valle lungo la via Appia (città bassa).

I due nuclei sono separati dal torrente Pontone (o Rio Torto).

Nel XV secolo un nucleo di ebrei viveva presso il castello, nell'area dell'attuale vicolo Giudea.

Nella seconda metà del Quattrocento l'Universitas di Itri, con il finanziamento di Onorato II Caetani conte di Fondi, impiantò nella parte bassa di Itri alcune tintorie per i tessuti di lana; quella zona venne chiamata "la Foschia".

Una delle attività produttive più importanti di Itri era la quella delle olive "itrane" e dell'olio, che veniva esportato tramite il vicino porto di Gaeta.

A Itri nacque nel 1771 fra' Diavolo (Michele Pezza), che fu prima fuorilegge e quindi colonnello dell'esercito borbonico di Ferdinando IV, in lotta contro l'occupazione dei Francesi, che lo presero e impiccarono a Napoli nel 1806.

La personalità di fra Diavolo fu ispirazione di diverse opere letterarie, di teatro e cinema.

Dal XIII secolo e fino al 1861 fece parte del Regno di Napoli (poi Regno delle Due Sicilie) nell'ambito dell'antica provincia di Terra di Lavoro, della quale continuò a fare parte anche dopo l'unità d'Italia, fino al 1927.

Poi, durante il periodo fascista, stante il nuovo disegno organizzativo territoriale che comprendeva anche la istituzione delle regioni, nel 1927 l'intera parte settentrionale della provincia di Terra di Lavoro fu scorporata dalla neonata provincia di Caserta e assegnata al Lazio (province di Roma e Frosinone).

In particolare quasi tutta la parte del distretto di Gaeta fu assegnata alla provincia di Roma.

Infine nel 1934, Itri fu inclusa nel territorio della neocostituita provincia di Latina (in quell'epoca fascista si chiamava però Littoria).

Nel 1911 erano presenti nel comune cinquecento dei circa mille emigranti sardi arrivati per lavorare al V lotto della Direttissima Roma-Napoli.
Nel contesto nazionale erano già presenti elementi di razzismo contro i sardi, chiamati sardegnoli, che non scomparvero fino alle imprese della Brigata Sassari nella prima guerra mondiale.
Gli emigranti ricevevano un salario inferiore rispetto agli altri lavoratori, ma si rifiutarono di pagare ogni tangente alla camorra, allora infiltratasi nell'appalto, e per tutelarsi cercarono di costituire una lega di autodifesa operaia.
Il 12 e 13 luglio, a seguito di futili pretesti, avvengono due imboscate a cui partecipano gli stessi notabili del paese, nell'indifferenza delle forze dell'ordine.
Si contarono, non senza difficoltà e intralci, 8 vittime e 60 feriti, tutti sardi, mentre dalla Corte d'assise di Napoli trentatré imputati furono assolti dai giurati popolari e nove condannati in contumacia.
Questo avvenimento verrà ricordato come la strage di Itri.

Durante la seconda guerra mondiale, nel maggio del 1944, i bombardamenti distrussero il paese e i suoi monumenti al 75%.

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