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Chiesa di Santa Passera
Chiesa di Santa Passera
Chiesa di Santa Passera
Chiesa di Santa PasseraChiesa di Santa PasseraChiesa di Santa Passera
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Indirizzo:
Vicolo di S. Passera, 1, 00146 Roma RM Portuense, Roma, Roma Città
Descrizione:

La chiesa di Santa Passera è una chiesa romana risalente agli inizi del V secolo, ristrutturata e ampliata nel XIV secolo, edificata sui resti di un mausoleo romano e di una cripta risalenti alla seconda metà del II secolo.

L'origine del nome della chiesa, ubicata nel quartiere Portuense di Roma, è incerta poiché probabilmente non è mai esistita una santa di nome "Passera", o almeno così è stato deciso nell'ultimo secolo dalla Chiesa romana.

Secondo la tradizione, essa fu costruita sulle rive del Tevere nel luogo in cui, agli inizi del V secolo, i resti di due santi alessandrini, Ciro e Giovanni, furono sbarcati, provenienti dall'Egitto, per essere trasferiti nella città di Roma.

Dal secolo XI in poi appartenne al monastero di Santa Maria in Via Lata, e, nei documenti dell'XI-XIII secolo è chiamata Sancti Abbacyri oppure Sancti Cyri et Iohannis, in ricordo dei due santi per i quali fu costruita la chiesa.

Nel XIV secolo al nome di Abbaciro si sostituì quello di Santa Pacera o Passera: così in un documento del 1317 si parla di un appezzamento posita extra portam Portuensem in loco qui dicitur S. Pacera.

Questo appellativo sarà poi prevalente nei secoli successivi.

Sull'origine del nome "Passera", santa che non è mai esistita nella storia del cristianesimo, l'ipotesi è che esso derivi dal titolo Abbàs Cyrus ("padre Ciro"), da cui il nome Abbaciro: dalla storpiatura popolare di questo termine sarebbero derivati AppaciroAppàceroPàceroPàcera e infine Passera.

A confondere ulteriormente l'onomastica della chiesa si aggiunge inoltre l'errore popolare che volle arbitrariamente assimilare la fantomatica "santa Passera" con santa Prassede e festeggiarne in tal luogo la ricorrenza il 21 di luglio in concomitanza con le celebrazioni di quest'ultima martire.

Nel XIV secolo l'antica chiesa fu completamente ristrutturata e sopraelevata.

Chiesa di Santa Passera | Descrizione

Il complesso di Santa Passera è composto di tre piani sovrapposti.

Chiesa di Santa Passera
Chiesa di Santa Passera

Chiesa di Santa Passera | Descrizione

La chiesa superiore del XIV secolo è a pianta rettangolare ad un'unica navata, con abside e soffitto ligneo, edificata su di un edificio preesistente, un mausoleo romano, le cui caratteristiche architettoniche ancora si distinguono esternamente sul lato sinistro della chiesa; l'edificio presenta tratti molto simili al cenotafio di Annia Regilla, quest'ultimo risalente alla seconda metà del II secolo d.C..

La facciata della chiesa si trova in una posizione elevata, preceduta da una terrazza a cui si accede tramite una doppia rampa di scale.

All'interno un presbiterio semicircolare che custodisce l'immagine del Cristo in compagnia di uno stuolo di santi.

Un'altra pittura raffigura sempre il Cristo con i santi Ciro e Giovanni

Chiesa di Santa Passera | L'oratorio 

Al piano inferiore i resti sotterranei dell'oratorio medievale del V secolo cui si accede da una porta esterna sotto elevata rispetto al terreno.

L'oratorio si compone di quattro locali costruiti con mattoni e intercomunicanti.

Sulla porta campeggia l'iscrizione che testimonia l'antico utilizzo della struttura quale sepolcro dei santi Ciro e Giovanni:

(LA)«CORPORA SANCTI CYRI RENITENT HIC ATQVEE IOANNIS
QVOÆ QUONDAM ROMÆ DEDIT ALEXANDRIA MAGNA.»
(IT)«Qui risplendono i santi corpi di Ciro e Giovanni
che un giorno la grande Alessandria dette a Roma.»
(Iscrizione sulla porta d'ingresso della cripta)

Chiesa di Santa Passera
Chiesa di Santa Passera

Chiesa di Santa Passera | La Cripta 

Dall'oratorio una scaletta consente di scendere nella stretta cripta ipogea a pianta rettangolare che originariamente custodiva i resti dei due santi martirizzati.

L'ambiente, interrato dopo il 1706, riscoperto nel 1904, è databile tra la fine del II secolo e l'inizio del III secolo.

La poca illuminazione proviene da un'apertura nella volta e dalle scale.

Difficilmente visibili sulle pareti tracce di decorazioni pittoriche, in parte ammalorate dalle innumerevoli piene del vicino Tevere, e in parte vandalizzate.

Si intravedono ancora tracce di decorazioni a carattere funerario: sulla volta alcuni glifi e stelle.

Sulla parete nord era rappresentata, con in mano la bilancia, la dea Dike, quindi un uccello e un pugile.

Sulla parete sud si intravede una pecora e alcuni tratti in pigmento rosso. Verso la fine XIII secolo fu dipinta una Madonna col Bambino, asportata e trafugata nel 1968.

A un livello ancora inferiore si trova l'ipogeo costituito dal sepolcro romano con resti di affreschi.

Chiesa di Santa Passera
Chiesa di Santa Passera

Chiesa di Santa Passera | Cultura di massa

L'assonanza del nome dell'ipotetica santa con quello dell'organo sessuale femminile, così come noto nel dialetto romanesco e citato dal poeta Giuseppe Gioachino Belli, ha spesso dato origine a doppi sensi e giochi di parole diffusi popolarmente.

La chiesa ha fatto da sfondo ad alcune scene del film Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini.

In questo tempo di marginalità si sviluppa alla Magliana la leggenda di una santa immaginaria: Santa Passera.

Santa Passera non è mai storicamente esistita, né è ricordata altrove o in altre chiese: non ha neppure un ritratto né una biografia.

Eppure, il popolo della Magliana le è devotissimo.

Tanto che nella chiesina a bordo Tevere la nuova santa soppianta in un baleno i precedenti culti di Prassede e Papaciro, portando però con sé qualcosa di entrambi: da Prassede prende la tenace resilienza di un’identità femminile, da Papaciro conserva la fama di compiere miracoli a profusione.

La sua ascesa è rapidissima. Santa Passera compare la prima volta in una pergamena dell’anno 1317, con la grafia “S. Pacera”, dove la doppia S è sostituita da una C.

Appena quattro anni dopo, nel 1321, il popolino chiama col suo nome l’intera contrada intorno alla chiesina, “quid vulgariter dicitur S. Pacera”, volgarmente detta Santa Pacera.

Un altro documento analogo risale al 1325.

Il primo studioso moderno a indagare le origini di Santa Passera è Mariano Armellini.

A fine Ottocento lo studioso dispone di scarsissime informazioni: sa che Abbas Kyros, Appaciro e Papaciro sono lo stesso santo, ricordato nel tempo con nomi diversi; di Prassede invece si è persa ogni memoria.

Questo porta l’Armellini a far derivare il nome Passera da una distorsione fonetica di Appaciro: “Quest’antica chiesuola, per corruttela, viene chiamata dal volgo prima Abbas Cyrus, poi Appaciro, Appàcero, Pàcero, Pàcera e infine Passera”, scrive Armellini.

L’ipotesi è suggestiva ma non spiega il cambio di sesso di Abbas Kyros.

E rimane un mistero perché Santa Passera si festeggi il 21 luglio, un giorno che sul calendario è già occupato da Santa Prassede.

Armellini pensa a un errore: il volgo confonde Prassede con Passera, “nel qual nome si vuole trovare qualche simiglianza con il nome di S. Prassede”.

E “allorquando il nome dei due Santi [Papaciro e Giovanni] si cambia nell’inaudito di Passera e si crede che sotto questo si nasconde quello di Prassede, si comincia a celebrare in questa chiesa che la festa di S. Prassede. E al 21 di luglio, giorno natalizio di detta santa, il popolo romano concorre in folla a questo luogo”.

La questione sembra complicarsi, ma in fondo l’enigma Armellini l’ha già risolto, quando individua che “sotto questo si nasconde quello di Prassede”.

Santa Passera non è infatti soltanto il famoso Abbas Kyros sotto diverse spoglie, insieme con il suo discepolo Giovanni e non è neppure la memoria sopita delle due sorelle martiri Prassede e Pudenziana: è piuttosto un culto unitario, intitolato a una santa che non esiste, che al suo interno comprende però quattro santi veri.

E tra i documenti ecclesiastici ricorre persino il nome intermedio di “S. Passère” ― forse maschile forse femminile, non è dato sapere ―, attestato nel 1376.

L’episodio che probabilmente provoca l’uscita di scena di Prassede dalla Magliana ― e segna il debutto della nuova santa immaginaria ― è il clima di rinnovata caccia alle streghe culminato con la bolla papale Super illius specula di Giovanni XXII.

Si tratta di un documento piuttosto singolare datato al 1326, che condanna come eretici i fabbricanti di specchi e altre “immagini, anelli o ampolle e qualsiasi altra cosa per legare magicamente a sé i diavoli”.

Contro questi oggetti attira-diavoli il buon contadino può già proteggersi con la segnatura, marchiando cioè ogni cosa o capo di bestiame con il segno della croce.

Ma la Chiesa decide anche di punire le fattucchiere, accusate di costruire e propagare questi oggetti. La pena è l’impiccagione e il rogo postumo, argomentato con il versetto “Chi non rimane in me viene gettato via, come il tralcio secco.

E poi viene raccolto e bruciato” (Vangelo di Giovanni, 15, 6).

Più o meno nello stesso periodo anche il poeta Dante Alighieri si scaglia contro quelle donne che, tralasciando le faccende domestiche, intraprendono la carriera di fattucchiere: “Vedi le triste che lasciaron l’ago, / la spuola e ‘l fuso, e fecersi ‘ndivine; / fecer malìe, con erbe e con imago” (Inferno, 20, vv. 121-123).

È troppo. Alla Magliana la diaconessa Prassede si toglie di dosso l’ingombrante abito da fattucchiera, lo seppellisce per sempre e indossa al suo posto gli abiti nuovi di una santa mai esistita prima.

La festa annuale della chiesina di Santa Passera continuerà a celebrarsi il 21 luglio fino al 1435.

In quell’anno la proprietà passa ai canonici di Santa Maria in Via Lata, che ripristinano il culto di Papaciro e spostano la festa annuale al 31 gennaio.

La cattiva fama di Santa Prassede ― un po’ santa e un po’ strega ― troverà un epilogo imprevisto cinque secoli dopo, nel 1969.

In quell’anno Papa Paolo VI, in applicazione delle risoluzioni del Concilio Vaticano II (1962-65), cancella in un colpo solo dal calendario liturgico ben 159 “santi immaginari”, cioè quei santi di cui non si può dimostrare la reale esistenza storica.

La black list è preparata da dotti gesuiti, il papa si limita a convalidarla con il motu proprio Mysterii Paschalis.

Tra i santi depennati dal calendario finisce anche Prassede.

La stessa sorte tocca anche alla sorella Pudenziana.

E la Magliana rimane senza santi in paradiso. [fonte Arvalia]

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